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La postazione ideale per lo Smart Working: soluzioni abilitanti e policy organizzative

Enel, Chiapparoli, Istituto Auxologico, IEO, Dalani: i manager di sei primarie realtà del panorama economico italiano hanno raccontato le nuove logiche alla base dell’organizzazione del lavoro in una tavola rotonda organizzata da Digital4Executive. La nuova frontiera è il Digital Workspace, caratterizzato da flessibilità di luogo e di orario, grazie alle nuove tecnologie

Pubblicato il 11 Feb 2016

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Flessibilità, rapidità, capacità di adattamento, creatività, problem solving, innovazione, produttività. Sono queste le parole chiave oggi nel mondo del lavoro in rapidissima trasformazione. Alle aziende è richiesto di ripensare le logiche alla base dell’organizzazione e abbandonare i vecchi modelli tradizionali per rispondere ai dettami di quello che è noto come il paradigma dello “Smart Working”. In questo cammino, un ruolo determinante è svolto dalle tecnologie, che abilitano nuovi modi di comunicare, collaborare e lavorare.

Proprio sul tema dello Smart Working si sono confrontati otto manager di sei primarie realtà del panorama economico italiano, nel corso di una tavola rotonda organizzata da Digital4Executive, in collaborazione con Citrix.

Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano

Ad aprire i lavori è intervenuta Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, che ha tracciato i confini del fenomeno.

«Fare davvero Smart Working vuol dire attivare iniziative con particolare attenzione a quattro leve di progettazione: le policy organizzative, il layout fisico, le tecnologie digitali e gli stili di leadership», ha raccontato.

«Si va sempre più nella direzione di un Digital Workspace, caratterizzato da flessibilità di luogo e di orario: l’ufficio fisico non è più l’unica identificazione del lavoro. Ad abilitare il cambiamento ci sono le tecnologie, che consentono di comunicare e condividere anche a distanza grazie ai servizi e alle applicazioni di social collaboration, di lavorare senza essere seduti a una scrivania, di accedere a dati e applicazioni aziendali da diversi device anche lontano dalle sedi aziendali, garantendo la sicurezza. E infine di agevolare il lavoro in mobilità all’interno degli stessi ambienti di lavoro, grazie per esempio allo smart printing, che permette l’utilizzo di stampanti condivise, e al Digital Signage per prenotare le sale riunioni».

Nel percorso verso un mondo del lavoro più smart, l’Italia sconta un certo ritardo. Secondo i dati dell’Osservatorio, ancora solo un’azienda su dieci fa Smart Working, e un’altra su dieci ha in programma di iniziare, a fronte della diffusione del wireless per abilitare la mobilità interna (92%), delle tecnologie di Unified Communication & Collaboration (80%) e delle Mobile Biz-App (63%).

Benjamin Jolivet, Country Manager di Citrix

Per Benjamin Jolivet, Country Manager di Citrix, per capire a fondo il fenomeno Smart Working occorre accettare il fatto che già oggi è una realtà e che non si tratta di una semplice questione logistica. «Viviamo in un momento storico in cui l’ambito lavorativo è profondamente influenzato dall’esperienza personale», specifica il manager. Perciò è necessario avere una visione più ampia e comprendere le dinamiche che stanno “diluendo” l’ufficio. «La nostra mission – sottolinea Jolivet – è permettere agli utenti di accedere a dati e applicazioni ovunque e da qualsiasi device».

Roberto Fonso, CIO di BPM

Una significativa testimonianza di lavoro “smart” alla tavola rotonda è venuta dalla Banca Popolare di Milano, che con il progetto “Workplace Strategy” ha ripensato l’utilizzo degli spazi in chiave dinamica. Il primo passo è quello dell’ottimizzazione dei posti di lavoro, come ha raccontato Roberto Fonso, che di BPM è il CIO: «Non abbiamo più postazioni assegnate alla singola persona, ma scrivanie in condivisione. Sono stati creati piccoli ambienti gestiti con sistemi di prenotazione studiati ad hoc». Apripista nel progetto pilota è proprio la funzione diretta da Fonso, ritenuta la più adatta a testare in tempi brevi il nuovo assetto e a trasmetterne alle altre divisioni gli aspetti positivi. «Il punto di partenza è stato analizzare le modalità d’uso quotidiane delle postazioni. È così emerso che in pratica ne basta una ogni 1,3 persone». BPM, insieme al MIP (la business school internazionale del Politecnico di Milano, ndr), ha anche avviato un progetto di Smart Working per facilitare il lavoro da remoto senza però restare a casa. «Oggi i nostri dipendenti possono lavorare in uffici distaccati, una serie di “isole” dislocate sul territorio lombardo», specifica Fonso. «La banca dispone infatti di un patrimonio immobiliare molto ampio. Per questo abbiamo deciso di usare questi spazi, dotandoli tutti della medesima tecnologia». Per supportare il progetto sono state realizzate alcune sessioni di formazione indirizzate in particolare al middle management. «Un progetto di questo tipo è molto più complesso di quanto può sembrare: da un lato si tratta di cambiare mentalità e adottare una nuova filosofia manageriale, dall’altra è necessario adeguare gli spazi e il parco tecnologico in base alle esigenze».

Marco Romagnoli, Team Leader Enterprise Sales di Citrix

Secondo Marco Romagnoli, Team Leader Enterprise Sales di Citrix, «oggi è infatti necessario vincere la “sindrome della grotta” e aprirsi all’esterno. Per portare avanti il cambiamento e perché sia pervasivo bisogna delineare un percorso che lo accompagni e definire gli strumenti che lo supportino». Un percorso che Citrix vive in un doppio ruolo, da una parte supportando le aziende nell’implementazione del Mobile Workspace, dall’altra come utente, realizzando ogni giorno nelle sue sedi il concetto di Smart Working, attraverso la collaborazione, la responsabilizzazione delle persone e il raggiungimento degli obiettivi.

«Principi riflessi anche dalla conformazione fisica della sede che, anche in Italia, è caratterizzata da grandi open space con pannelli fonoassorbenti per la riduzione del rumore, spazi circolari con la possibilità di scrivere e zone informali dotate di divani e poltrone per telefonate e veloci riunioni,a dimostrazione del fatto che oggi Citrix non è più una commodity per l’IT, ma anche un nuovo strumento abilitante per funzioni aziendali come HR e Facility, dando quel valore aggiunto nella concezione degli spazi e dei nuovi layout che prima non veniva percepito».

Luigi Sangermani, Direttore Sistemi di Silvano Chiapparoli Logistica

Un altro modo di declinare il concetto di Smart Working è quello di Silvano Chiapparoli Logistica che, come ha sottolineato il Direttore Sistemi Gian Luigi Sangermani, ha puntato a ottimizzare i processi e a governare lo spostamento delle persone tra i vari stabilimenti. «La natura logistica del nostro business richiede di rispondere in tempi rapidi alle diverse esigenze che emergono, tra cui ad esempio la stagionalità. Per farlo ci siamo resi conto che è fondamentale poter contare sulla“mobilità” delle 600 persone che lavorano per noi, senza avere ricadute negative sulla loro produttività».

Per questo è stata creata un’infrastruttura unica, che consente la centralizzazione di tutti i processi così da consentire ai dipendenti di trovare sui terminali dislocati tra i vari siti gli applicativi di cui hanno bisogno. Parallelamente sono stati introdotti degli strumenti di Unified Communication che rendono reperibili i dipendenti ovunque si trovino. «Per fare in modo che lo Smart Working sia veramente efficace è fondamentale responsabilizzare le persone, rendendole libere di agire e non controllandole di continuo. Non si tratta soltanto di un discorso organizzativo, ed è necessario che in Italia si cominci a pensare di lavorare per obiettivi», ha evidenziato Sangermani.

Alberto Ronchi, Direttore dei Sistemi Informativi dell’Istituto Auxologico Italiano

Proprio il lavoro per obiettivi è il punto di partenza per ripensare l’organizzazione dell’azienda secondo il Direttore dei Sistemi Informativi dell’Istituto Auxologico Italiano, Alberto Ronchi. «Il mondo della sanità è già di per sè “smart”, fa parte della natura stessa dell’essere medico riuscire a essere produttivi sempre e ovunque. In questo la tecnologia gioca un ruolo decisivo per ottimizzare l’uso del tempo, come ad esempio quando nel corso di una visita a un paziente il medico manda un consulto a un altro collega».

Emanuele Balistreri, Chief Information & Technology Officer dell’Istituto Europeo di Oncologia

«È vero che i medici hanno già nel loro DNA il concetto di Smart Working», fa eco Emanuele Balistreri, il Chief Information & Technology Officer dell’Istituto Europeo di Oncologia. Per loro è naturale occupare posizioni diverse e utilizzare i terminali dislocati nell’Istituto accedendo con le proprie credenziali. La sfida è riuscire a spingere questo modello di lavoro laddove resistono modelli “tradizionali”. «Oggi, per esempio, la gran parte dell’attività medica è svolta in modalità “smart” (come negli ambulatori) o in mobilità (nei reparti) eppure resiste l’abitudine a mantenere una postazione individuale per attività di studio medico, come l’analisi dei casi dei pazienti o lo sviluppo di uno lavoro di ricerca». Probabilmente in un passato di cartelle cliniche cartacee e corposa documentazione diagnostica questo modo di lavorare era inevitabile, ma oggi che i fascicoli clinici sono elettronici e accessibili da qualunque terminale si può pensare un nuovo modello.

«Abbiamo colto l’occasione di un trasloco, che porterà a unire in un’unica sede il polo amministrativo e l’ospedale, per iniziare un ripensamento profondo delle logiche con cui oggi si lavora allo IEO. Il nostro progetto, che ha un orizzonte temporale di due anni, prevede la creazione di workspace tematici con postazioni sia individuali che condivise, e anche la definizione delle policy che consentano di lavorare fuori sede in mobilità».

Andrea Simeone, Chief Technology Officer di Dalani

Ci sono poi realtà come Dalani, il primo Shopping Club italiano dedicato alla casa e all’arredamento, che vista la loro giovane età sono già nate con logiche di Smart Working. «La nostra startup, nata tre anni fa, è caratterizzata da un fortissimo tasso di crescita», sottolinea il Chief Technology Officer Andrea Simeone. «In pochissimo tempo siamo passati da 60 a 100 dipendenti. Anche questo ci ha portato a ottimizzare l’utilizzo degli spazi, con l’obiettivo di trovare un modo efficiente per far lavorare le persone». Ecco perché in Dalani sono stati testati diversi livelli e combinazioni di Smart Working, decidendo alla fine di optare per l’adozione di open space che favoriscono la collaborazione, dopo aver notato che il lavoro in mobilità nel caso specifico andava fortemente a scapito del team building. «Forse – conclude il manager – le aziende italiane ancora non sono sufficientemente pronte ad adottare politiche di Smart Working sistematiche così come ormai accade nella grande maggioranza degli altri Paesi europei e degli Stati Uniti. È cruciale puntare sull’empowerment delle persone, responsabilizzandole rispetto ai risultati attesi, aspetto questo tutt’altro che facile da mettere in atto».

Roberto Tundo, ex Responsabile Information & Communication Technology di Enel Green Power e Responsabile Digital Business Enabler

A proposito di startup, ben pochi si aspetterebbero di trovare dinamiche tipiche di queste realtà in un colosso consolidato come Enel. Che invece, per valorizzare al meglio le competenze digitali delle sue oltre 68mila persone dislocate in oltre 32 Paesi, ha deciso di avviare un’iniziativa mirata alla ricerca dei talenti digitali “nascosti” in azienda, creando poi una Community «con l’idea di mettere a fattor comune le capacità e le eccellenze, secondo una logica bottom up», come sottolinea Roberto Tundo, che ai tempi ricopriva la carica di Responsabile Information & Communication Technology di Enel Green Power e Responsabile Digital Business Enabler. «Inoltre, accanto al team che gestisce i business model che portano il cash flow, da meno di un anno è nato un team digital pensato per fare da raccordo appunto tra business e innovazione tecnologica digitale, individuando nuovi modelli da implementare che portino a un upgrade potenzialmente positivo per tutto il gruppo».

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