Tecnologie

Processi digitali: così i nuovi modi di firmare trasformano la gestione documentale

Lungi dall’essere strumenti stand-alone, le varie declinazioni della firma elettronica devono essere integrate nel ciclo di vita dei documenti aziendali. “Sarà uno strumento strategico per il new normal, ma occorre promuovere un cambiamento culturale”. Parla Alessandro Fabris, Product Manager di Siav

Pubblicato il 08 Set 2021

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La digitalizzazione dei flussi documentali può generare un’onda lunga di vantaggi per qualsiasi organizzazione, di business o pubblica, a patto che ciascuna delle procedure operative venga resa disponibile sempre e ovunque. Ciò implica che non è sufficiente adottare il formato digitale come aggiunta o come sostituzione di quello cartaceo: bisogna far evolvere tutti i processi lungo l’asse di una vera dematerializzazione, ed elaborare nuove esperienze d’uso che risultino per gli utenti intuitive, sicure, immediatamente fruibili.

La diffusione dei dispositivi mobile e la spinta ricevuta dall’affermazione dello Smart Working durante l’emergenza sanitaria hanno in qualche modo accelerato i processi di digitalizzazione, che però in molti casi restano ancora frammentati e incapaci di sprigionare tutto il loro valore in termini di efficacia ed efficienza.

Questa trasformazione, in certi casi adottata in modo non del tutto organico per rispondere ad una situazione di urgenza, ha incontrato delle criticità nello svolgimento di alcuni flussi documentali, ad esempio in quelli che prevedono una sottoscrizione autografa: talvolta, anche nell’ambito di processi già digitalizzati, si continua ad utilizzare la firma tradizionale sul documento stampato. E anche quando i flussi sono integralmente digitali capita di imbattersi in soluzioni che non hanno retto al passaggio allo Smart Working, perché non sono stati pensati per funzionare fuori dall’ufficio e con diversi tipo di device.

Il ruolo e l’evoluzione della firma digitale nel contesto italiano

«Il tema delle firme digitali è un tassello essenziale da prendere in considerazione se si punta a una digital transformation compiuta delle imprese e delle pubbliche amministrazioni», conferma Alessandro Fabris, Product Manager di Siav, specialista delle soluzioni per la gestione documentale.

«Senza le innovazioni introdotte con la firma, di fatto, non sarebbe stato possibile garantire ai nostri clienti la gestione totale dei processi in una dimensione realmente dematerializzata. Bisogna dire che in Italia a livello legislativo c’è sempre stata una forte attenzione su questo fronte, e in un certo senso siamo stati dei precursori, con la introduzione di diverse tipologie di firme elettroniche che rispondono a esigenze specifiche e concrete del mercato, per realizzare soluzioni che offrano adeguato valore ai fini legali e probatori».

Dalla firma elettronica semplice, che rappresenta appunto la forma più semplice di sottoscrizione, ed è uno strumento utilizzato ed utilissimo per “efficientare” la gestione di tantissime transazioni di business, come ad esempio nella logistica, passando per la firma elettronica avanzata e per quella grafometrica, la cui validità ai fini legali è equivalente a quella della firma autografa, fino ad arrivare alla firma elettronica qualificata e alla firma digitale – che per le sue caratteristiche intrinseche di sicurezza non è disconoscibile in alcun modo da chi l’ha apposta – le imprese e le pubbliche amministrazioni oggi hanno a disposizione una vasta gamma di tecnologie da applicare a ciascun tipo di caso d’uso. Cosa frena allora l’adozione di queste soluzioni?

Fabris non ha dubbi: «Il primo limite è legato a un digital divide di natura culturale. In alcuni ambiti c’è ancora una certa diffidenza rispetto a strumenti di questo tipo, anche nei settori in cui potrebbero sprigionare il maggior valore. In certi casi la firma elettronica viene usata solo quando è obbligatorio farlo, ma non c’è una propensione ad estenderne in modo ampio e diffuso l’utilizzo nella propria organizzazione. Ciò non dipende solo dal fatto che la carta, spesso, continua a essere considerata lo strumento principe: c’è anche un retaggio del recente passato, che riguarda una serie di aspetti legati alle iniziali difficoltà di installare l’hardware che abilita la firma elettronica e di poterla effettivamente utilizzare lontano dalle postazioni di lavoro predisposte. A tutto ciò a volte si aggiunge una sottostima dei risparmi che si possono ottenere da una piena digitalizzazione dei flussi documentali, per cui si ritiene poco conveniente l’investimento iniziale».

«In realtà la soluzione digitalizzata risulta vincente», continua Fabris «perché, considerati i costi occulti dell’uso di documentazione cartacea, il ROI è relativamente rapido. Infine, c’è l’aspetto che riguarda la conservazione dei documenti nel lungo termine, che richiede una gestione secondo precise regole».

L’approccio di Siav: il valore della firma a distanza

Non a caso Siav ha sviluppato un approccio al tema della firma elettronica – e più in generale al document management – basato sull’idea che il ciclo di vita del documento si svolge in quattro fasi ben definite: costruzione, sottoscrizione (se è richiesta), registrazione, conservazione. «La firma è un tassello fondamentale», nota Fabris. «Ma per l’appunto è soltanto un tassello, e come tale va utilizzato insieme a strumenti che consentano di affrontare nel migliore dei modi anche le altre fasi, inclusa quella estremamente importante della conservazione a lungo termine».

La firma, dunque, rappresenta per Siav uno degli step con cui viene gestito il flusso documentale: in questo senso la vera sfida non consiste tanto nel proporre una singola soluzione per la sottoscrizione digitale, quanto trovare quella che si adatta nel modo più efficace al contesto in cui si opera, tenendo conto delle finalità del documento. «Siamo partiti offrendo soluzioni di firma elettronica diversi anni fa e le abbiamo col tempo declinate in varie modalità, utilizzando le tecnologie offerte da provider qualificati e certification authority, integrandole in un ecosistema completo per la gestione dei flussi documentali, che offre la flessibilità necessaria ad adattarsi alle diverse esigenze», spiega Fabris. «Le nostre soluzioni permettono quindi di realizzare sistemi di firma semplice, avanzata, grafometrica e digitale, declinate tenendo conto dell’uso che se ne deve fare.

Oggi direi che lo stato dell’arte di questa continua evoluzione è la firma remota, che consente, con la ricezione via SMS di una one time password, di sottoscrivere un documento ovunque, e attraverso qualsiasi device. Una soluzione che aiuta anche a superare qualunque potenziale problema di compatibilità delle nostre soluzioni con i driver e i dispositivi di firma, e che grazie alla possibilità di fruizione tramite mobile app è a mio avviso estremamente utile nel cosiddetto new normal».

È in effetti un’opportunità che va incontro alle esigenze e alle abitudini che sono emerse durante il ricorso massiccio allo Smart Working degli ultimi mesi; la sottoscrizione da remoto permette di realizzare sul piano pratico il concetto di ubiquità della firma: il documento viene sottoscritto senza sapere dove si trova il firmatario, ed è reso disponibile nell’archivio aziendale nel momento stesso in cui è siglato, nonché sottoposto a conservazione a norma.

Sempre pensando allo Smart Working, e in generale ai contatti interpersonali che sono sempre più spesso virtuali, è nata l’ultima tra le soluzioni Siav: il modulo “Firma a distanza”, che consente di sottoscrivere un documento in modo molto semplice, utilizzando a seconda delle esigenze una firma elettronica semplice o avanzata. La peculiarità di questo strumento sta nel fatto che permette la sottoscrizione a chiunque, bastano una mail ed un cellulare. Questo è un grande vantaggio, visto che non richiede l’uso della firma digitale, che in certi ambiti è ancora poco diffusa.

Dalla firma automatica al sigillo elettronico: il futuro della sottoscrizione digitale

Secondo Fabris, nel futuro della gestione documentale saranno protagoniste anche la firma automatica, che permette di siglare grandi quantità di documenti in modalità massiva e non presidiata, e il sigillo elettronico, una firma intestata a una persona giuridica che apre nuovi scenari di utilizzo, nei casi in cui le aziende debbano sottoscrivere documenti senza che sia richiesto di ricorrere a firme intestate ai dipendenti. «Di strada da fare ce n’è ancora parecchia, ma la direzione è chiara, anche sotto l’impulso di un quadro normativo in continua evoluzione, e crediamo che una spinta importante arriverà dalla PA: con l’entrata in vigore a gennaio 2022 delle nuove linee guida AgID, le pubbliche amministrazioni dovranno lavorare ancora più intensamente sulla digitalizzazione dei processi e dei documenti, e questo costituirà un volano per l’esplorazione di nuove modalità di utilizzo della firma elettronica. Si tratta di strumenti che hanno un impatto molto concreto, di grande utilità pratica», chiosa Fabris, «Anche se possono generare diffidenza perché intrecciati con aspetti tecnici, costituiscono una componente essenziale di un più ampio fenomeno di trasformazione dei processi, che per affermarsi ha bisogno di essere accompagnato da un cambiamento culturale. Lo sforzo, da parte nostra, deve essere quello di trasmettere al mercato le opportunità offerte dal quadro generale e di spiegare a ciascun interlocutore come collocare la firma elettronica all’interno di una revisione più profonda della gestione dei documenti e dei relativi processi, che sia in grado di generare in tempi rapidi risultati efficaci».

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