Intervista

Felicità e Networking: due metacompetenze da allenare per affrontare il futuro

Viviamo in un mondo in cui tutto è collegato e interconnesso. In questo universo le capacità, il successo e il benessere di una persona si elevano in modo esponenziale grazie al supporto della propria rete di relazioni, consentendo all’individuo di portare avanti sfide impensabili se affrontate da solo. L’intervista a Marco Vigini, Direttore Permanent Placement Orienta e Presidente AIDP Lombardia

Pubblicato il 05 Giu 2020

Laura Torretta*

Consulente di Trasformazione positiva CHO – Chief Happiness Officer - HR Innovation Manager - Counselor Organizzativo Sistemico Relazionale - Operatrice di Scienza del sè e respiro consapevole

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Perche oggi parliamo di felicità e networking? Della felicità se ne parla da sempre! Oggi assume ancora più importanza attraversando i bisogni emergenti post Covid19, rigenerando propositi e valori, è un diritto esistenziale. Il contesto culturale- economico-sociale può agevolare questa trasformazione ma restiamo individualmente responsabili della nostra felicità! Quale? Quella eudamonica, che va oltre il piacere fugace, che diventa ricerca e sviluppo paziente. E qui fa capolino la SDF (Scienza della felicità), ovvero il termine che aggrega tutte le discipline scientifiche che dimostrano che è una meta-competenza che può essere allenata. Secondo Sonja Lyubomirsky (University of California) circa il 40% della nostra felicità dipende dalle nostre scelte. Con Marco Vigini, Direttore Permanent Placement Orienta, Presidente AIDP Lombardia, Docente e consulente sul Networking, abbiamo parlato della felictà, dell’affinità che ha con il networking e dei 4 pilastri della SDF: più chimica positiva, meno chimica negativa; più essere, meno fare/meno avere; più noi, meno io; più disciplina, meno caos.

Quali sono le chiavi di lettura sui 4 pilastri della SDF per stimolare nuove sinapsi per un networking felice? Quali per praticare la felicità attraverso il networking?

Personalmente credo che la felicità sia una questione di mindset e di relazioni. Nasciamo con l’idea sbagliata che dobbiamo cavarcela nelle nostre vite forse fino a quando non scopriamo l’abbondanza che deriva dalle infinite possibilità delle nostre interconnessioni, come tessere del domino che cadono nel momento giusto.

Dobbiamo allenarci ad avere pensieri positivi su di noi e sugli altri: il pensiero – come ho scritto nel mio libro “Networking e Lavoro” nella sezione appendici spirituali – è una fortissima calamita magnetica che attrae verso di noi ciò che pensiamo. Occorrerebbe fare un inventario delle nostre convinzioni, mantenere quelle sane e utili e scartare e potare quelle dannose o che possono danneggiare gli altri. Allo stesso modo sul versante relazionale dobbiamo stravolgere il nostro mindset, dare rinnovata energia e vigore alle nostre relazioni e a non darle per scontato immaginando un incontro come una porta (spesso reciproca) verso nuovi mondi.

La prevalenza delle persone non coltiva le relazioni per tutta una vita perché non ne comprende le enormi potenzialità, non rileva gli impercettibili fili sottili che ci legano agli altri.

In molti la “scoperta del networking” avviene quando accade qualcosa di importante nella propria vita professionale, talvolta legata a situazioni difficili. E così quando tutto pare crollare o remare contro, una relazione ti può risollevare e cambiare la vita, un “angelo relazione” ti soccorre quando meno te lo aspetti.

Viviamo in un mondo in cui tutto è collegato e interconnesso, non è solo una nozione di metafisica ma è un fatto fisico: e in questo universo collegato le capacità, il successo e benessere di una persona si elevano in modo esponenziale grazie al supporto della propria rete di relazioni, consentendo all’individuo di portare avanti sfide impensabili se affrontate da solo.

Networking vuole dire in ultima analisi, come ricorda Franco Amicucci aSociologo, formatore, con trentanni di esperienza nella formazione manageriale di importanti multinazionali e gruppi italiani), creare prima di tutto un valore sociale, collettivo, che vada al di là del gruppo e dei singoli, perché solo quando la rete in cui ci si inserisce e si contribuisce a crescere ha un uno scopo alto, energetico, etico, i singoli ed il gruppo stesso ne trarranno un valore stabile e crescente nel tempo, sul piano professionale ed umano. Questo vuole dire che solo noi possiamo fare la differenza con i nostri pensieri e con le nostre relazioni sia per il nostro benessere e felicità che per quella della nostra rete intorno a noi.

1) + CHIMICA POSITIVA, – CHIMICA NEGATIVA

Siamo programmati per intercettare i pericoli, limitati dalla fretta e dalla complessità, escogitiamo scorciatoie che spesso portano a stereotipi cognitivi. Se ci alleniamo a soddisfare in modo sostenibile i nostri bisogni di sicurezza, stabilità, apprezzamento, riconoscimento, appartenenza e connessione sociale possiamo produrre chimica positiva ‘responsive’. Siamo più presenti, connessi, calmi, equilibrati. La chimica positiva apre i centri dell’apprendimento e della creatività, si attiva quanto esprimiamo rispetto, gentilezza, gratitudine, coerenza, compassione, ascolto, empatia, amore, cooperazione, accoglienza, supporto.

È importante creare chimica positiva anche in un colloquio di networking? Come?

Siamo programmati per stare bene e in relazione e nella mia vita il colloquio di networking è uno dei momenti più coinvolgenti e inaspettati

Per creare nuove chimiche relazionali occorre però mettere al centro il valore per l’altro in una logica win win, occorre sforzarsi di andare verso gli altri prendendo per mano le persone che si incroceranno: il potere energetico che mette in moto la generosità è che produce del bene sia in chi dà (nota è la produzione dell’insulina che da piacere) che in chi riceve.L’universo relazionale non è mai qualcosa di fisso e immutabile ma una dinamica fluttuante, tra 2 o più persone: quando si dona si crea un temporaneo squilibrio che deve essere corretto e l’universo si sforza si restituire ciò che si è dato.

La chiave per creare una chimica con un interlocutore è anche il “giusto” ambiente dove contaminarsi piacevolmente in cui ritrovarsi intorno ad un tavolo, in un’atmosfera informale, per conoscersi, scambiare idee e verificare l’opportunità di arricchirsi reciprocamente creando le premesse per nuove sinergie e collaborazioni, per nuove sinapsi relazionali di apertura e apprendimento.

Derrick de Kerckhove, nel concetto di “Intelligenza Connettiva”, ricorda come le persone, quando creano reti di relazione attivano una “moltiplicazione” delle intelligenze superiore alla somma dei singoli attori, dando così un valore unico ed esclusivo al Networking, dove lo stesso individuo che ne partecipa è al tempo stesso fruitore di questa generazione di ricchezza e contributore al tempo stesso.

Nell’era degli avatar digitali dobbiamo “riscoprirci” nella bellezza energetica di una sana e contagiosa stretta di mano premessa fondamentale per connettere idee/persone, che generano sempre nuove opportunità e benessere intorno a noi

2) + ESSERE -FARE/-AVERE

La cultura permea tutti i sistemi e i nostri programmi mentali. La società moderna sembra dare valore (conto!) solo a cosa hai (beni materiali!) e cosa fai (to do list!), una cultura ego-sistemica basata sul consumo di beni e di relazioni, su ruoli formali ed etichette sociali. Lentamente sta emergendo l’importanza (spesso solo a parole non nei fatti!) del ‘saper essere’, delle competenze soft trasversali, oltre il ‘cosa’ anche ‘il come’. Interessante notare che dedichiamo circa 20 mila ore allo studio di ‘altro diverso da sè’ neppure una di queste ore è dedicata a conoscere, capire e gestire se stessi.

Marco quali suggestioni puoi condividere sulla scoperta del ‘purpose personale’? Quanto incide sull’efficacia del networking?

Questa è una domanda da 100 punti che faccio spesso ai miei corsi. Comprendere il proprio perché lato personale e professionale, raccontarsi e definire missione, motivazione e valori identificando cosa penso di poter trasferire come vantaggio competitivo è uno dei percorsi più impegnativi e complessi che ognuno di noi si trova a percorrere nella sua vita.

Nessuno può conoscere in modo adeguato sé stesso e l’impatto che produce sugli altri ed ecco che i giudizi di soggetti che godono della nostra fiducia diventano preziosi. Siamo imbevuti della cultura del fare, del vedere i risultati immediati del possesso mentre ci dedichiamo poco all’ascolto e a riflettere su di noi.

Anche in questo caso il Networking ci può trasferire una maggiore consapevolezza di noi e se c’è una genuina relazione con lo scambio il legame si rafforza e si creano le premesse per generare ulteriore valore nel tempo con il mio interlocutore.

Abbiamo valorizzati quei consigli? Abbiamo colto tutti i messaggi che il nostro interlocutore ci voleva dare o ci ha dato in quell’occasione? Se riscopriamo i tanti motivi per cui essere riconoscenti e grati agli altri allora avremo creato una nuova sinapsi di benessere per noi e le nostre relazioni.

3) + NOI -IO

La scienza ha dimostrato che siamo cablati per la socialità ed è sopravvissuta la specie che ha saputo cooperare meglio. Il capitale sociale è la nostra capacità di costruire relazioni solide e di fiducia nel tempo. Quando i membri di un gruppo si concentrano su comportamenti competitivi investono la loro energia sulla sfida personale ad arrivare primi, se invece vivono in un ambiente di scambio e cooperazione quell’energia viene naturalmente dirottata verso il raggiungimento di scopi comuni.

Sembrano esserci molti punti in comune con i concetti di giver, matcher, taker alla base di un networking virtuoso. Quali esperienze puoi condividere?

In questi anni continuo a scoprire come per stare bene dipenda molto da come viviamo e agiamo il networking che è prima di tutto un atteggiamento mentale, che non significa agire come se necessariamente dovessimo concludere un affare o portarsi a casa qualcosa dall’interlocutore.

Non dobbiamo pensare alla relazione come a una somma algebrica dove il tutto deve sempre almeno pareggiare

Rendersi utili, disponibili, lasciarsi sempre con buoni rapporti alle spalle è una premessa fondamentale per fare network e per stare bene: solo questo ci consente di creare legami che rimarranno nel tempo e che potranno dare identità e continuità tra le persone a volte in modo invisibile ma sempre presenti come un cordone ombelicale

Ognuno di noi ha il dovere di avere maggiore consapevolezza del proprio sistema di relazioni: il nostro networking è frutto delle relazioni con tutte le persone che si conoscono, sia a livello di relazione consolidate (c.d. legami forti) che a livello di relazioni appena conosciute (c.d legami deboli).

Per “pensare e progettare valore per l’altro e per sé” ci deve essere un reale interesse e conoscenza dell’interlocutore, anche attraverso la mappatura dei circuiti, sia personali che professionali, senza escluderne nessuno e allo stesso tempo allargandosi a nuove relazioni, da costruire ex novo ogni giorno anche perché i legami deboli possono essere una straordinari fonte di opportunità.

L’isolamento e il “bastarsi” non solo non produce valore ma è un atto di vero e proprio autolesionismo professionale in quando tutto sta cambiando troppo velocemente e in modo esponenziale intorno a noi.

Il “potere del networking” e delle referenze basate sul trust consentono di trasferire una “nuova cultura delle relazioni professionali” e di raggiungere importanti traguardi in tutti gli ambiti della nostra vita sia professionali che personali.

E quando vediamo che non ci sono le premesse per costruire network e valore con un interlocutore, a volte perché non scatta quella chimica ed energia, allora bisogna avere la forza del cuore di lasciar andare senza risentimenti le persone

Solo vivendo il networking come una relazione genuina, sana, intellettualmente onesta e trasparente potremo ottenere il meglio dagli altri e da noi stessi e costruire insieme una comunità migliore per tutti no.

4) + DISCIPLINA – CAOS

Il nostro cervello ha bisogno di regole, è pigro e funziona per apprendimenti ripetitivi, l’allenamento pratico supporta l’acquisizione di nuove abitudini comportamentali. Non basta però la buona volontà, ci vuole disciplina e costanza. Nel 2019 Sonja Lyubomirski ha elaborato un nuovo white paper a sostegno del modello di felicità sostenibile (SHM). Si può migliorare la propria felicità attraverso comportamenti intenzionali e mantenere questo stato a lungo termine. Il set point può essere modificato, dipende dalla scelta consapevole di esercitare con costanza quelle pratiche positive più adatte alle proprie inclinazioni, il fit individuale riconosce l’unicità trasformativa ed evolutiva di ciascun essere vivente.

Puoi suggerire una tabella di marcia per un happy networking? Un metodo positivo per mappare nuovi circuiti relazionali?

Per chi vuole cimentarsi con questa straordinaria competenza consiglio alcune azioni di allenamento per abilitare nuovi comportamenti:

1. Abbracciare la dimensione personale e professionale, magari sintetizzandole;

2. Stabilire connessioni nuove periodicamente, facendosi contaminare da nuovi ambienti e saperi;

3. Curare la propria immagine e brand, e individuare eventi selezionati cui partecipare in base al tempo che si ha;

4. Presenziare ambienti diversi e non solo negli stessi circuiti professionali;

5. Dedicare quota del proprio tempo alle occasioni sociali, eventi e associazioni di volontariato: ogni giorno fare qualche piccola/grande azione per aiutare la propria rete;

6. Riattivare contatti con legami deboli con cadenza regolare per avere aggiornamenti sulla loro storia professionale;

7. Ringraziare e ricordarsi sempre di chi ti dà un consiglio e approcciarsi agli altri sempre con modi gentili;

8.Partire dal proprio ruolo che richiama employability e scegliere circuiti o associazioni per rimanere aggiornati/competitivo identificando eventi fisici e virtuali che possano essere in linea con interessi e passioni

9. Ingaggiare la propria rete sui vostri progetti e storie professionali: questo va «calato» in nuove logiche on line, ripensando approcci, modalità e stili di relazione per creare engagement e nuove community intorno a noi;

10. Creare un proprio piano editoriale sui temi professionali che ci caratterizzano e in cui si sentite di avere autorevolezza o qualcosa da dire;

11. Praticare l’associazionismo professionale (ma non solo) è un momento fondamentale di un professionista in quanto è il crocevia di confronto, benchmark, di sviluppo di progetti anche di rete, di aggiornamento e formazione professionale: un luogo di network dove crescere e migliorarsi come persone e professionisti e anche dove cogliere i trend in atto nella professione, talvolta anche in anticipo.

Siamo solo noi che possiamo riscrivere la sceneggiatura del film relazionale della nostra vita e per farlo dobbiamo cambiare pensieri ed emozioni nei confronti di noi e degli altri. Per fare questo dobbiamo anche praticare, diffondere e implementare una cultura sana del Networking in tutti gli ambiti della nostra vita.

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