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Nasce Hubquarter, un nuovo modo di vivere il lavoro, i luoghi e il territorio

Lo specialista di modelli “abitativi” eFM propone alle aziende un paradigma di lavoro fondato sulla condivisione del patrimonio immobiliare e di esperienze, che poggia sulla piattaforma MYSPOT. Obiettivi? Arricchire le persone attraverso scambi e incontri, massimizzare benessere ed engagement, accrescere la produttività, garantire sostenibilità

Pubblicato il 10 Mar 2022

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La pandemia ha costretto le imprese a rivedere il modello di lavoro tradizionale, che da sempre è basato sulla ferrea associazione tra luogo (ufficio) e funzione (lavoro). In termini di engagement, il remote working della pandemia ha mostrato non pochi limiti: lavorando da remoto, le persone si allontanano dalla cultura aziendale, tendono ad isolarsi, sono perennemente connesse a piattaforme di comunicazione e si aggiornano di meno. Inoltre, si riducono tutti quei contatti e quelle collisioni casuali che sono alla base dell’engagement, della creatività e dei processi di Open Innovation. Un modello di lavoro incentrato sull’ottimizzazione del tempo rende le persone stanche ed esauste.

Il tema degli spazi e il modello ibrido

Nel costruire la new way of working, le aziende devono fare riflessioni sui propri spazi. Gli uffici sono vuoti fino al 70% della loro capienza, eppure continuano a generare costi vivi. La maggior parte degli ambienti non è efficace per un modello di lavoro ibrido, perché molti di loro sposano il vecchio principio di ottimizzazione degli spazi e non l’Activity Based Working.

Nessuno mette in dubbio che il modello di lavoro vincente sia quello ibrido, ma come progettarlo? Quali sono i principi cui ispirarsi per ottenere un impatto benefico a livello sistemico (persone, aziende, territorio) e di quale abilitazione tecnologica c’è bisogno?

Hubquarter: il new way of working evoluto secondo eFM

eFM, società che dal 2000 si occupa di spazi ed esperienze abitative, propone un modello innovativo: Hubquarter. Si tratta di un paradigma di lavoro ecosistemico, diffuso e sostenibile, fondato sulla condivisione degli spazi aziendali e sulla costruzione di community interaziendali.

Il modello si basa dunque su un network di luoghi nei quali creare e far crescere community di professionisti. Alle aziende viene proposto di condividere con il network (“mettere in rete”) una parte del proprio patrimonio immobiliare, aprendolo a contaminazioni positive, a processi di creatività e di Open Innovation. «Se solo 4 delle principali imprese nazionali mettessero in condivisione il 2% del patrimonio immobiliare – ci spiega Marihum Pernía, Design Director di eFM – saremmo in grado di creare e gestire un hub diffuso da 20.000 postazioni, lo spazio in rete più grande d’Italia».

Ma perché le aziende dovrebbero aderire? Intanto, per ottenere più efficienza nell’uso dei propri spazi e restituire valore agli immobili. In secondo luogo, perché in questo modo abiliterebbero un modello ibrido efficace, che piace a chi lavora, stimola processi di innovazione bottom-up, favorisce l’engagement, migliora la retention, l’acquisizione di talenti e la work life integration.

L’esperienza e le relazioni guidano la scelta del luogo di lavoro

All’interno del network, i professionisti possono disegnare il journey in funzione delle proprie esigenze, ovvero scegliere dove vivere l’esperienza lavorativa. Ed è proprio su questo aspetto che il progetto di eFM assume i tratti più innovativi: la scelta, infatti, si può basare sulle caratteristiche fisiche del luogo, ma soprattutto sulla ricchezza relazionale degli stessi. eFM definisce ogni luogo (Spot) come un relational workplace, ovvero come punto di incontro di community di professionisti, la cui frequentazione stimola creatività e innovazione, crea nuove idee e contatti e favorisce l’aggiornamento, con benefici in termini di engagement.

Come si vedrà in dettaglio, la piattaforma MYSPOT permette di scegliere lo spazio di lavoro a partire dai Genius Loci dei luoghi, ovvero dalle competenze delle community che li popolano. «Il modello Hubquarter – aggiunge Pernía – permette di incrementare il senso di appartenenza dell’employee non solo alla sua azienda, ma anche a una community e a un’identità professionale dinamica. Ciò conduce a una crescita personale e professionale grazie al continuous learning, al confronto con i peer, alle collisioni spontanee e al mentoring».

Hubquarter, infine, è una proposta sistemica: favorisce le aziende e le persone, ma anche le città e l’economia dei territori. Il lavoro è diffuso e viene meno la concentrazione delle persone in aree delimitate. Risorse e servizi possono essere redistribuiti nei distretti urbani, creando nuove e interessanti opportunità di crescita cittadina e di business. Inoltre, importanti benefici anche in termini di sostenibilità: poter lavorare in un luogo vicino a casa rompe le dinamiche rigide del pendolarismo, riducendo le emissioni di CO2 ma senza isolare le persone nelle proprie abitazioni. Un passo importante anche verso il modello sostenibile di “Città dei 15 minuti” che prevede la riorganizzazione degli spazi urbani per agevolare l’accesso dei servizi ai cittadini.

MYSPOT, una bussola per la nuova work experience

MYSPOT è la piattaforma eFM che abilita l’Hubquarter. Assume le sembianze di un’app mobile e con quel tipico look consumer che la rende di semplice utilizzo da parte dell’utente finale.

MYSPOT è un assistente, una bussola per la work experience nell’era del lavoro diffuso. È molto più di uno strumento di booking degli spazi, per quanto la prenotazione rappresenti una delle sue funzionalità nonché una dinamica cardine del nuovo modo di lavorare. Il fatto che MYSPOT sia qualcosa di ben più ampio lo si vede fin dall’onboarding, nel quale gli utenti devono selezionare le proprie competenze professionali e personali, così da permettere al sistema di ‘creare rete’, di innescare contenuti e suggerimenti personalizzati.

La scelta del luogo di lavoro avviene principalmente in funzione del suo Genius Loci: ogni ambiente è il punto di incontro di diverse community fondate sull’affinità di knowledge professionali e attitudini personali. Così facendo, il sistema permette agli utenti di vivere work experience personalizzate e proficue in termini di arricchimento soggettivo, di formazione continua, di sviluppo di nuove competenze, di creazione di contatti e opportunità. Sempre in MYSPOT sono poi presenti sezioni dedicate ai Learning Tips e agli eventi dei vari Spot presenti sul territorio.

Infine, ma non per importanza, la piattaforma segue il percorso dell’employee, acquisisce dati anonimizzati sulle sue prenotazioni e sull’uso degli strumenti della piattaforma per capire conoscere il modo in cui vive l’esperienza di lavoro e accompagnarlo nello spazio diffuso dell’Hubquarter. Ciò alimenta tre metriche distinte (Resonance, Growth ed Entanglement) che confluiscono nell’indicatore sintetico del Relational Engagement: «Il R(e) – ci spiega Emiliano Boschetto, Senior Manager Innovation eFM ed Executive PhD candidate presso l’Università Campus Bio-Medico – è una stima del livello di benessere relazionale e della predisposizione della persona ad entrare in contatto con altre persone e con le community che popolano l’ecosistema».

Tutte queste metriche confluiscono in rappresentazioni moderne e intuitive: attraverso codici colore e diverse distanze dal centro (utente), apprendiamo il livello di affinità con le altre persone che popolano lo Spot, le knowledge in comune, la frequenza di interazione. Tutto, attraverso un’acquisizione passiva di dati: «MYSPOT accompagna l’intera esperienza di lavoro – aggiunge Boschetto – richiedendo il minor intervento possibile da parte dell’utente nell’alimentare il suo algoritmo. Non amiamo le survey perché rischiano di essere alla lunga invasive, e per questo sfruttiamo i dati del comportamento dell’utente in piattaforma e il meccanismo degli instant feedback, efficace e poco invasivo». Il tutto, con il fine ultimo di rendere il lavoro fondamento di benessere, di engagement, di produttività e di sostenibilità.

Un nuovo modo di lavorare per un nuovo modo di abitare le città.

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