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La legge sullo Smart Working funziona: il prossimo governo prenda esempio

L’intervento normativo del 2017 ha accelerato una trasformazione organizzativa già in atto, creando un quadro di riferimento chiaro per le imprese italiane. È così che si favorisce l’innovazione digitale e la crescita del Paese: ma in campagna elettorale non se ne parla

Pubblicato il 16 Feb 2018

Manuela Gianni

Direttore, Digital4Executive

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La legge sullo Smart Working accelera l’adozione di modelli di lavoro agile, supportati da tecnologie evolute che favoriscono il lavoro in remoto senza risentire dell’assenza dall’ufficio o da una postazione fissa, e ottimizzano i tempi di produzione soddisfacendo, al contempo, le esigenze di work-life balance. Utilizzo di notebook e smartphone, connessione internet e programmi di softphone, con servizi di instant messaging, telefono, video conferenza, voice mail, con interfaccia visiva e condivisione di desktop, rendono sempre più agevole il lavoro a distanza, senza ingessarlo come in passato con la normativa sul telelavoro (molto diverso dallo Smart Working)

Ma la legge sullo Smart Working è molto di più. Agisce infatti in profondità sull’organizzazione del lavoro, poiché consente una modalità di esecuzione subordinata che prevede, mediante accordo tra le parti, la pianificazione delle attività per fasi, cicli e obiettivi, senza precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro e con l’utilizzo, a supporto, di strumenti tecnologici adeguati.

Le aziende italiane, grandi e medie, hanno accolto con favore la nuova legge, che ha inserito in una cornice normativa una prassi da tempo già diffusa in molte multinazionali, e ne ha accelerato l’adozione in molte altre, con un incremento del 14% del numero di smart worker in Italia, passati da 240mila nel 2016 a 305mila nel 2017 (fonte Osservatorio Smart Working Politecnico di Milano).

Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano e responsabile scientifico di P4I-Partners4Innovationaveva ricordato al momento del varo che la legge non consente di fare qualcosa in più rispetto a prima, tanto che alcune aziende già praticano il lavoro agile da anni: ne sono un esempio Barilla, Philips, Vodafone, Sisal, Microsoft e Nestlè solo per citarne alcune. Sono attive anche alcune Pubbliche Amministrazioni: il Comune di Milano lo promuove da un paio d’anni con la Settimana del lavoro agile, a maggio. «Ma il testo è di fondamentale importanza – sottolinea Corso, – perchè elimina gli alibi di chi riteneva mancasse l’adeguato supporto normativo per il Lavoro Agile. Oggi in Italia lo Smart Working si può e si deve fare. L’auspicio è che si possa diffondere in modo più capillare e profondo», sottolinea l’esperto.

Axa, Maire Tecnimont, Subito e Prelios: l’importanza della normativa

«La legge sullo Smart Working ha sancito formalmente ciò che le aziende stavano già praticando: un cambiamento del modello organizzativo fondato su un rapporto di delega, fiducia e responsabilizzazione tra i manager e i propri collaboratori. Un paradigma in cui la prestazione viene valutata per l’effettiva qualità dei risultati portati, superando i concetti tradizionali di spazio e orario di lavoro. A questo proposito ritengo che il “diritto di disconnessione” possa essere letto proprio come espressione di una nuova e più matura consapevolezza nell’approccio al lavoro», commenta Maurizio Di Fonzo, Direttore risorse umane, organizzazione e change management di AXA Italia. Dopo una fase pilota, dallo scorso ottobre il gruppo assicurativo rende infatti possibile il lavoro in remoto fino a due giorni alla settimana a 1.400 dipendenti (il 94% del totale in Italia).

Le aziende, alcune delle quali con forti investimenti in infrastrutture tecnologiche e formazione per accompagnare il cambiamento, vedono nella legge un acceleratore per traghettare l’organizzazione verso un modello più imprenditoriale e di responsabilizzazione sui risultati, come nel caso del Gruppo Maire Tecnimont. Racconta Franco Ghiringhelli, Senior Vice President Risorse Umane, Organizzazione e ICT: «La legge sul lavoro agile ci ha permesso di realizzare concretamente la nostra idea di organizzazione aziendale con le persone al centro, quale asset in grado di concorrere a creare valore e definire l’identità aziendale. Affrontare il tema Smart Working all’interno di un quadro legislativo definito e di un contesto regolamentato, anche attraverso la condivisione con le rappresentanze sindacali del programma Smart Working di Gruppo, “Be Adaptive”, ha reso possibile accelerare il processo di implementazione di un modello fortemente innovativo ed estremamente flessibile nella gestione del tempo, che promuove l’attitudine alla programmazione delle attività e la valorizzazione della responsabilizzazione verso gli obiettivi di business, anche attraverso il potenziamento dell’investimento sulla leadership dei manager nei confronti dei propri collaboratori e il ricorso alla tecnologia più avanzata per semplificare i processi».

La legge è apprezzata e accompagna l’avvento e il consolidamento di una nuova cultura manageriale anche nelle medie aziende. Per esempio, Subito la piattaforma di compravendita del gruppo media norvegese Schibsted, ha lanciato lo Smart Working a giugno 2015, proprio come leva per una nuova organizzazione del lavoro che soddisfacesse sia le esigenze di work-life balance, sia il bisogno di accompagnare una popolazione aziendale molto giovane in un percorso di crescente responsabilizzazione sui risultati. «La legge sullo Smart Working ha finalmente regolato il lavoro agile all’interno di una cornice normativa che ha contribuito a far chiarezza sulle differenze tra il remote working e il telelavoro. Rappresenta pertanto un passo molto importante e necessario per permettere di siglare un patto tra azienda e lavoratore, con principi che tengano conto del valore della flessibilità e di un nuovo spazio di libertà e di condivisione di obiettivi che le persone scelgono consapevolmente per migliorare la propria soddisfazione. Lo Smart Working è così passato da prassi organizzativa a nuova filosofia manageriale, che implica un processo complesso di innovazione organizzativa, fondato sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta di spazi, orari e strumenti di lavoro a fronte di una maggiore e crescente responsabilizzazione sui risultati», commenta Beatrice Taralla, Responsabile risorse umane di Subito.

Anche in Prelios, il gruppo europeo nell’alternative asset management e nei servizi immobiliari specialistici, la legge sullo Smart Working è arrivata in un momento di grande opportunità gestionale, sentita come necessaria e urgente. Nel corso del 2017, infatti, la società ha impostato il proprio progetto partendo con una serie di iniziative di ingaggio culturale, dalla rassegna stampa on line su casi virtuosi, a una survey a tutti i dipendenti fino a percorsi di consapevolezza collettiva sulla evoluzione dei mercati e quindi del modo di fare business, sull’impatto delle nuove tecnologie nella vita e sulla opportunità di lavorare per obiettivi. «La legge sul lavoro agile offre, non solo alle aziende ma agli stessi dipendenti, l’opportunità di trovare il senso del proprio tempo e, oserei dire, del proprio lavoro e del proprio contributo professionale, portandoli in una relazione adulta, quasi paritaria, con il datore di lavoro. Questo, che a mio parere è un indiscutibile plus, porta tutti al passo e verso un modo moderno di vivere il business, utilizzando in maniera imprenditoriale e intelligente tutti i mezzi a disposizione», aggiunge Lara Carrese, Direttore risorse umane e organizzazione di Prelios. È però compito del datore di lavoro preparare le persone a una relazione consapevole e adulta: «Su molti passaggi la legge smorza i confini tra lavoro dipendente e lavoro autonomo e tralascia di normare in maniera dettagliata, o meglio, lascia al buon senso e alla correttezza del datore di lavoro certi aspetti, come i tempi di riposo, la salute e sicurezza del lavoratore che, nella contrattazione collettiva così come la conosciamo finora, tutelavano il dipendente. Ora, invece, la legge impone alle aziende di rendere consapevoli i lavoratori delle tematiche di sicurezza sul lavoro, ma si ferma a questo, perché è onere del dipendente che lavora in remoto tutelare la propria sicurezza. Ed è più che comprensibile e ragionevole visto che, se pensiamo allo Smart Working in termini di logistica della prestazione, è un lavorare in remoto, che non vuol dire solo dalla propria abitazione, come avveniva invece nel telelavoro che era regolamentato anche in termini di sicurezza della postazione», conclude la Carrese.

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