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Dall’home office al working from anywhere: come personalizzare la gestione dello Smart Working

Per essere efficace lo Smart Working è necessario trovare un punto di incontro tra le persone, che chiedono modelli lavorativi flessibili, appaganti e compatibili con un migliore work-life balance, e le aziende, che attraverso indicatori oggettivi dovranno valutare l’esperienza vissuta dai dipendenti, indipendentemente dal tempo e dal posto in cui questa ha luogo

Pubblicato il 13 Giu 2022

Francesco Clabot

Chief Technology Officer di Wegg

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Da un’indagine promossa da Aidp (Associazione italiana per la direzione del personale) è emerso che circa il 90% delle aziende manterrà lo Smart Working – o comunque sceglierà una gestione del lavoro che prevede un’alternanza tra giorni da remoto e giorni in presenza – anche nel post Covid. Una decisione voluta anche dai collaboratori, il 58% dei quali lo richiede come condizione per poter accettare o continuare un incarico.

Ma le aziende italiane sono davvero pronte a questo passo che si preannuncia irreversibile? Fino a oggi le organizzazioni hanno valutato il lavoro dei collaboratori in funzione del tempo passato in ufficio in orari e luoghi prestabiliti. La pandemia ha costretto le aziende ad accettare l’abitazione privata come luogo di lavoro alternativo. E qui ci siamo fermati.

Si tende a pensare che lo Smart Working sia il semplice “lavoro da casa” o come viene definito nel resto del mondo “home office”. Il lavoro “smart” è, invece, qualcosa di più complesso, potremo dire di essere in presenza di un lavoro veramente evoluto solamente quando le esigenze, delle persone e dell’organizzazione, saranno pienamente soddisfatte.

Gestione dello Smart Working, creare un compromesso tra azienda e lavoratori

Da un lato le persone hanno bisogno di modelli lavorativi flessibili, esperienze digitali accessibili e appaganti, compatibili con un migliore equilibrio vita-lavoro. Dall’altro le aziende devono essere in grado di misurare l’apporto di valore di ognuno indipendentemente dal fattore tempo.

Alcune persone scelgono di limitare l’esperienza lavorativa al luogo e agli orari canonici. Per me è gratificante poter rivedere un documento dalla panchina di un parco, giocare a palla con i miei figli e riprendere il lavoro dal divano quando preferisco. Ovviamente il valore apportato nel proprio lavoro deve essere garantito nei tempi e nei modi attesi e l’azienda deve poterlo verificare.

Smart vuol dire questo: poter personalizzare la propria esperienza lavorativa aumentando la qualità dei risultati. Questo concetto per il lavoratore si traduce, sul piano pratico, nel poter interagire con l’azienda mediante servizi digitali sicuri da qualsiasi dispositivo disponibile e in qualsiasi luogo a qualsiasi ora.

Dal punto di vista dell’azienda, diventa essenziale essere in grado di misurare la prestazione di ciascuna risorsa mediante indicatori oggettivi indipendentemente dal tempo e dal posto in cui questa si realizza, ma non è tutto. Le aziende devono offrire servizi disponibili 24/7/365 rimuovendo qualsiasi ostacolo alla produttività e abilitando un supporto tempestivo, magari proattivo.

È necessario assicurare che qualsiasi device utilizzato rispetti i requisiti minimi di sicurezza, garantire una protezione continua ai dati e salvaguardare la continuità del business.

Infine, le aziende devono assicurare il cosiddetto “diritto alla disconnessione” e proteggere i collaboratori dagli abusi tecnologici.

Strumenti di gestione dello Smart Working

Gli strumenti per realizzare questa visione esistono: piattaforme di endpoint management, User Experience management, business service management, robotic process automation sono oramai realtà mature. Se messe a sistema con competenza, queste moderne tecnologie permettono di digitalizzare i servizi aziendali, di migliorare la qualità dei processi e dei risultati a partire dal cosiddetto Digital Experience Score.

Il DEX stima l’esperienza vissuta dalla persona, attraverso i dispositivi, i sistemi operativi e le applicazioni utilizzate. Grazie a modelli statistici e algoritmi euristici, possiamo facilitare la scalabilità dei team IT, identificando comportamenti anomali e determinando l’urgenza di eventuali azioni correttive o informative che saranno poi implementate mediante il supporto di AI e bot. In questo caso si parla di shift-left, ovvero di spostare le attività operative su risorse più economiche e automatizzate.

La strada per arrivare a una corretta normalizzazione di questa nuova pratica lavorativa è ancora lunga: per questo Wegg si è fatta promotrice del Manifesto della Persona Digitale, un impegno di responsabilità condiviso con altre organizzazioni allo stesso modo visionarie e all’avanguardia, un decalogo che vuole ispirare l’introduzione di uno Smart Working effettivo ed efficace a prova di futuro. Secondo la società Global Workplace Analytics, entro il 2025, per oltre il 70% della forza lavoro, l’ibridazione sarà il new normal. Dipendenti collocati nello stesso spazio fisico (l’ufficio) collaboreranno con altri che lavorano da remoto. Il processo sembra ormai irreversibile per tutti: questo è il futuro del mondo del lavoro e prima troveremo tempi e modi per una sua corretta gestione, meglio sarà per tutti.

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