Nuove prospettive

Infrastrutture, sicurezza e flussi per far crescere il lavoro agile

L’emergenza legata alla pandemia da COVID-19 ha messo in luce l’importanza di arrivare preparati all’imprevisto, strutturando la propria impresa per rispondere con efficacia a nuove modalità operative. Quattro step per avvicinarsi al lavoro agile

Pubblicato il 11 Giu 2020

Maria Teresa Della Mura

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Probabilmente una delle frasi che più spesso sono state pronunciate in questi mesi di difficoltà è che “l’emergenza ha colto di sorpresa” e ha trovato molte imprese impreparate a gestire l’emergenza. Ogni crisi porta con sé una componente di ignoto che può portare a un’interruzione non solo dell’operatività, ma anche dei processi decisionali, senza per altro riuscire ad avere un’idea precisa di quando si potrà tornare alla condizione di “business as usual” né di quanto sarà possibile limitare l’impatto negativo sia sulla struttura interna, sia sulla propria supply chain, sia ancora su clienti e sulle community di riferimento. Non è dunque un caso che in questi mesi si siano aperti molti tavoli di discussione intorno ai temi della resilienza e della business continuity, anche in relazione alla gestione della forza lavoro.
Un documento molto interessante sul tema è stato presentato nelle scorse settimane da Fletcher Previn, CIO di IBM, che sulla base della propria esperienza in una realtà che di colpo ha trasformato 350.000 dipendenti ripartiti in 1.300 uffici nel mondo in una vera e propria remote workforce, ha voluto dare forma a una metodologia che potrebbe arginare l’impatto di possibili, ulteriori e future disruption.

Prepararsi al lavoro agile

Il punto di partenza, che potrebbe rappresentare, oggi che siamo ormai entrati nella Fase 3 dell’emergenza, una delle tante “lezioni apprese” durante la crisi è quello di essere preparati. Qualcuno li chiama contingency plan, qualcuno piani di emergenza, ma in ogni caso la chiave di volta sta nella capacità e in qualche caso nella volontà di testare con regolarità sistemi, infrastrutture e processi per verificarne la capacità di resilienza anche in momenti di crisi sulla base dei più diversi scenari, dalle catastrofi naturali a situazioni di instabilità geopolitica fino ad arrivare alle crisi pandemiche come in questo 2020.
È evidente che non basta garantire che “l’infrastruttura regga”: il piano deve prevedere anche azioni continue in termini di cultura aziendale, modalità operative, o ancora  di “etiquette”, ovvero le regole di comportamento da adottare in un contesto operativo differente.
La preparazione riguarda anche i temi della security. In un ambiente distribuito e potenzialmente senza limiti fisici, è importante garantire la sicurezza sia delle infrastrutture, sia delle informazioni, sia ancora dei dipendenti.

La remote workforce con le persone al centro

C’è poi l’aspetto umano da non trascurare. Uno dei temi sui quali Fletcher Previn si sofferma riguarda le relazioni umane. È evidente che in una situazione di lavoro in presenza si costruiscono relazioni personali i cui effetti si riverberano anche sulle attività lavorative. La vera sfida è costruire un equivalente virtuale delle interazioni per evitare il deterioramento delle relazioni e creare un clima nel quale dipendenti e collaboratori si sentano incoraggiati a collaborare e contribuire.

Infrastrutture, sicurezza e flussi: quattro step verso il lavoro agile

Alla luce di tutte queste considerazioni, il documento sviluppato da Previn mette in luce quattro passaggi indispensabili per poter abilitare una remote workforce e modalità di lavoro agile in momenti di crisi.
E, vale la pena di sottolinearlo, non tutti hanno a che fare con l’infrastruttura IT.

  • Il primo passaggio riguarda la modernizzazione degli ambienti applicativi. È un passaggio indispensabile in risposta a nuove esigenze di flessibilità e a nuove richieste di ampiezza di banda.
    È questo il momento di adottare un modello ibrido multicloud e una strategia “as-a-service“, per ridurre i rischi di interruzione del servizio, affidandosi a partner con cui condividere la responsabilità dell’infrastruttura.
  • Il secondo passaggio riguarda l’infrastruttura di rete.
    È indispensabile pianificare con anticipo una maggiore richiesta di larghezza di banda e adottare un approccio strutturato e definito al networking, all’autenticazione e alla sicurezza, anche per evitare di doversi appoggiare solo a reti private virtuali. L’obiettivo è raggiungere la resilienza attraverso scalabilità, velocità e flessibilità.
  • Il terzo passaggio riguarda dipendenti e collaboratori.
    Anche se per i cosiddetti knowledge worker non dovrebbe essere un problema lavorare in modo produttivo ovunque, è comunque necessario definire una strategia per il lavoro remoto.
    Significa avere chiare regole e policy, formare i dipendenti sulla “etiquette” e sulla cultura aziendale in materia.
    Serve poi creare un ambiente digitale per il lavoro remoto, ovvero fornire strumenti che consentano ai team distribuiti di collaborare e contribuire, lasciando ai dipendenti la libertà di scegliere ad esempio i dispositivi con i quali si sentono a proprio agio, ma standardizzando le piattaforme di produttività critiche, come gli strumenti di comunicazione e spazi di collaborazione virtuale. Come accennato, è importante mantenere fisso il focus sulla sicurezza.
    Dal punto di vista strettamente correlato alle persone e alla cultura del lavoro remoto, da un lato è importante che anche le figure apicali dell’azienda, i dirigenti senior, imparino a ripensare al proprio ruolo anche in modalità remota, dall’altro è indispensabile non trascurare il patrimonio di relazioni umane evitando che si trasformino in contatti meramente transazionali sviluppati in una logica di dare o avere.
  • Il quarto passaggio riguarda l’organizzazione aziendale.
    Serve dotarsi di una metodologia agile. Detto in altri termini, bisogna applicare i principi di base della metodologia agile, non solo nello sviluppo di software o nella progettazione di applicazioni, ma a livello di forza lavoro, adottando anche tutti gli strumenti necessari per la creazione di un ambiente produttivo e moderno.
    È poi necessario riflettere su quello che viene definito il criterio dei Minimum Viable Meetings, ovvero la quantità di riunioni effettivamente realizzabili, con quali team, attraverso quali canali. È un passaggio indispensabile per poter prendere decisioni efficaci anche in momenti di crisi.
    Su questi principi si inserisce poi il tema della governance. Il lavoro agile, o la gestione di una remote workforce, richiede un’implementazione certa, non soggetta all’interpretazione del singolo. Previn definisce la governance “come i guardrail delle autostrade: siamo fiduciosi che i dipendenti sappiano guidare le loro auto, ma definiamo noi i parametri dell’autostrada su cui guidano”.

Per la remote workforce e la sua abilitazione nella fase post COVID-19, IBM ha sviluppato non solo un portafoglio di offerta e soluzioni dedicati, ma anche un insieme di practice condivise con clienti e partner. A questo tema sarà poi dedicata una delle breakout session previste in occasione di Think Digital Summit il prossimo 18 giugno.

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