Tecnologie

Analisi dei dati per il marketing e le vendite: come migliorare le performance con gli analytics

Strumenti avanzati come predictive analytics, intelligenza artificiale e machine learning permettono oggi di superare i limiti della business intelligence e sfruttare in modo proattivo le informazioni ricavabili dalle analisi dei dati aziendali. Un salto in avanti necessario per comprendere i comportamenti d’acquisto, radicalmente cambiati negli ultimi anni

Pubblicato il 15 Set 2021

Analisi dei dati per il marketing: donna al computer che studia grafici

«Non solo una tecnologia che fa da supporto, ma una tecnologia che propone». In questo modo Giorgio Moresi, Executive Director in Visual&Search Analytics di SDG Group, riassume il ruolo che dovrebbero avere oggi le analisi dei dati per il marketing e le vendite. Ma come si può raggiungere questo risultato? E, soprattutto, in che modo si possono realmente migliorare le performance di marketing e sales sfruttando gli analytics?

Tantissimi dati, ma nessuna informazione

Tradizionalmente, quando c’è da vendere un prodotto, il reparto commerciale si pone anzitutto un obiettivo. Per raggiungerlo definisce delle pianificazioni e dei budget e usa i canali e gli strumenti più opportuni che gli consentono di attuare tutte le azioni possibili volte alla vendita. Tra tali strumenti, troviamo anche i sistemi di analisi dei dati raccolti dall’azienda. Come utilizzarli per ottenere informazioni utili?

«Da tempo – precisa Giorgio Moresi – si parla di big data, predictive analytics e machine learning ma questo mercato ha avuto un’esplosione solo negli ultimi 2-3 anni. Prima c’era l’idea, ma mancava la tecnologia. Con l’arrivo di infrastrutture IT adeguate, la business intelligence è diventata veramente intelligente. Siamo passati da uno stadio in cui era sufficiente la conoscenza, cioè comprendere quello che avviene, a una fase in cui invece la tecnologia è proattiva, propone idee e supporta nelle azioni. Questo è un passaggio davvero epocale».

Secondo Moresi, in passato sul fronte della business intelligence si era arrivati a un’esagerazione nella raccolta dei dati. Alla base c’era in concetto del “più conosco e meglio agisco”, invece il risultato che si otteneva era la dispersione della conoscenza. E siccome l’informazione acquista valore nel momento in cui si riesce a usarla, accumulare in un data warehouse dati disorganizzati nei formati più vari non portava a risultati concreti per il business. Era necessario cambiare paradigma «perché all’interno della business intelligence tradizionale il dato assumeva valore ed era in grado di aiutare il business solo nel momento in cui si riusciva a intercettare quelli davvero utili e li si strutturava in modo adeguato” afferma Moresi.

Un sistema davvero intelligente

Il cloud e l’evoluzione tecnologica hanno permesso di passare dai data warehouse ai data lake e ai motori analitici ad alte prestazioni, cioè database veloci, sofisticati e capaci di fornire informazioni su enormi quantità di dati in frazioni di secondo. «Questi fattori abilitanti – sostiene Giorgio Moresi – hanno permesso di passare da un sistema che forniva una semplice analisi di dati a un sistema davvero intelligente, che offre molte informazioni in più e che ha una capacità proattiva. Il cuore dell’efficienza, del marketing e delle vendite sono i motori inferenziali, degli analizzatori di dati che permettono di scindere ciò che è veramente importante per il business da altri indicatori indiretti”.

Va da sé che parlare di alte prestazioni significa poter disporre di una tecnologia adeguata. E qui può sorgere un problema perché non è detto che l’infrastruttura posseduta sia all’altezza. Infatti, è vero che in passato garantiva un certo livello di data quality, ma a fronte di dati già strutturati, organizzati. Ora si raccolgono molti più dati, che non sono omogenei e che provengono da fonti differenti. Bisogna quindi prima effettuare un processo di data discovery per organizzare tali dati e solo dopo si può procedere con l’analisi. Ma l’infrastruttura usata sinora è in grado di dare gli stessi risultati dovendo affrontare task più complessi e impegnativi? «Questo è il momento giusto per fare delle riflessioni e cambiare ottica – è il suggerimento di Giorgio Moresi –. Non si deve pensare più al vecchio data warehouse ma a un sistema composto da un data lake, un motore analitico potente con un front end, un generatore di dashboard e di reportistica. Diventa quindi categorico stabilire se l’infrastruttura posseduta è adatta alle nuove necessità oppure è necessario un adeguamento. Per aggiornare la dotazione tecnologica si può puntare su una fruizione as service. Però certe aziende non riescono a staccarsi dai propri sistemi, perché hanno speso molto e perché hanno paura del cambiamento. Un altro ostacolo è il fatto che sovente i responsabili IT ritengono che il cloud sminuisca il proprio valore”.

«Attenzione, però – ammonisce Moresi – chi non affronta ora il cambiamento lo farà quando sarà troppo tardi o quando costerà troppo».

Far fronte a un nuovo mercato

Ma perché bisogna agire in fretta? Perché è cambiato il comportamento del cliente, che oggi è molto più libero rispetto a ieri: il concetto di lealtà verso un brand è sempre più sfumato. Quindi si deve inseguire il cliente, studiare il suo customer behaviour e prevedere come si comporterà. È da questa analisi che nascerà una proposta commerciale che sarà accompagnata da una campagna promozionale. Il suo andamento può essere analizzato con motori statistici, ma quello però che alla fine si vuole ottenere è un’informazione sintetica che mostri solo le informazioni che servono davvero per capire se e dove è necessario intervenire. In questo, il contributo della tecnologia è essenziale: deve riuscire a far sembrare semplice quello che in realtà semplice non è, ovvero deve effettuare rapidamente elaborazioni molto complesse trasformando enormi moli di dati in un valore aggiunto che possa fornire utili indicazioni per il business.

I mutamenti nel customer behaviour sono così rapidi che sono drasticamente cambiati gli algoritmi di ricerca: prima si lavorava su uno storico di 10-15 anni, oggi si limitano le analisi solo agli ultimi 12-18 mesi. A volte anche meno, come per esempio è successo con la diffusione del Covid-19. «Si usano algoritmi ad alte prestazioni – precisa Giorgio Moresi – che permettono di elaborare in parallelo miriadi di dati con poca profondità storica, per proporre delle azioni e, se serve, rettificarle nel minor tempo possibile». In questo senso, una macchina esegue elaborazioni continuative usando dati aggiornati quotidianamente alla ricerca di eventuali variazioni o trend. Nel caso li individui, adatta autonomamente i suoi parametri di calcolo alla nuova situazione. In pratica, attiva dei meccanismi di rolling che si auto modificano in base al comportamento, mentre l’intelligenza artificiale crea un proprio ragionamento di carattere statistico, logico e matematico che è capace di trarre conclusioni elaborando i dati.

«Con la business intelligence tradizionale – conclude Moresi – si verifica se un’azione promozionale o uno sconto hanno avuto dei riflessi sulle vendite di un determinato prodotto, potendo eventualmente apportare delle correzioni a posteriori. Un motore di intelligenza artificiale può invece aiutare a capire quello che avverrà prima che si intraprenda una certa iniziativa. Se ci si fa aiutare da sistemi di analisi di questo tipo si possono ottenere dei risultati davvero molto importanti. Ma attenzione: quello che ieri poteva sembrare qualcosa di accessorio, oggi è un fattore di sopravvivenza».

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