L'INTERVISTA

Customer 360, così Noovle aiuta il retail ad avere una visione univoca del cliente

Oltre l’omnichannel: i consumatori ormai si informano e acquistano attraverso una miriade di touch point. Personalizzare l’offerta significa agire in ottica opticanale, valorizzando cioè tutte le informazioni generate dalle interazioni a cavallo di on e off line. Parla Stefano Sacchi, Head of Digital Marketing Team del gruppo che si è conquistato un posto tra i top partner di Gigya e Google Cloud

Pubblicato il 12 Gen 2017

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Circolarità ancor più che reciprocità. È questo il concetto su cui oggi si dovrebbe costruire ogni strategia di digital marketing (ammesso che nell’era dell’omnicanalità l’aggiunta della specificazione ‘digital’ abbia ancora senso). L’interazione con i clienti attraverso i touch point fisici e on line genera dati che le aziende possono utilizzare per conoscerli e riconoscerli, dando il là a nuove iniziative (comunicazioni e promozioni personalizzate e contestualizzate) che consolidano ulteriormente il rapporto, in un meccanismo di mutuo vantaggio. Innescare questo circolo virtuoso, però, significa innanzitutto avere una visione univoca del consumatore, a prescindere dalla piattaforma che si utilizza per acquistare o per ottenere informazioni su prodotti e servizi. Quella del Customer 360 è la filosofia adottata da Noovle, che attraverso soluzioni di Data management, Marketing automation e Identity & Access management offre al mondo del retail più chiavi per mettere in moto questo meccanismo. Ne parla Stefano Sacchi,  Head of Digital Marketing Team del gruppo che si è conquistato un posto tra i top partner di Gigya e Google Cloud.

Perché occorre adottare un approccio Customer 360?

Oggi siamo in un contesto in cui le tecnologie ridefiniscono il modo in cui le aziende interagiscono con il cliente, e viceversa. I dispositivi mobile hanno rivoluzionato il rapporto tra le parti, visto che via app o browser o tramite i social, anche quando si trova nel nostro negozio, il consumatore può accedere a informazioni sui prodotti e offerte di competitor, e può per questo richiederci sconti in cambio della sua fedeltà. È un processo circolare che si afferma come nuovo paradigma: dalla multicanalità siamo passati all’omnicanalità e ora possiamo già parlare di opticanalità, che presuppone come modello l’ottimizzazione dei vari touch point a disposizione del cliente. Non è più una questione di scelta: a livello strategico al centro dei processi aziendali non c’è più il prodotto, ma l’individuo, che in un mondo letteralmente sommerso da newsletter e banner è colpito e sensibilizzato solo nel momento in cui vive con i brand un rapporto personalizzato, human-to-human.

Tutto questo cosa implica dal punto di vista della trasformazione digitale?

L’azienda deve essere capace di mappare ed essere presente sui punti di contatto on line e off line per riuscire a soddisfare in tempo reale le esigenze dei clienti – acquisiti e potenziali – durante il customer journey. Questi punti di contatto generano una enorme quantità di dati e informazioni che rappresentano, potenzialmente, un formidabile strumento a disposizione del marketing. Secondo Digital trends, il 73% dei consumatori vuole relazionarsi con aziende che hanno informazioni su di loro per vivere esperienze digitali e d’acquisto rilevanti. Un’altra ricerca di Infosys dice che il 90% dei consumatori dichiara che fruire di contenuti personalizzati costituisce un valore aggiunto. Il problema è che molti di questi dati ancora non vengono utilizzati al meglio. L’incapacità di conoscere e riconoscere il cliente è per molte organizzazioni una forte barriera all’ingresso rispetto alla realizzazione di un vero modello omnicanale, e spesso nasce dalla mancanza di punti centralizzati di raccolta dei dati, che provoca la frammentarietà delle informazioni.

Parliamo quindi di un mercato agli esordi?

Non direi. C’è ancora da fare educazione, ma rispetto anche solo a un anno fa il mercato è diventato più maturo, e le imprese iniziano a conoscere bene i temi di cui si sta parlando. Machine learning e Big data sono una realtà, mentre il Cloud rappresenta di fatto la tecnologia meno invasiva per garantire la continuità del business, portando valore all’esistente, e tentare strade nuove. Mi riferisco soprattutto alle piattaforme di Data management, Marketing automation e Identity & Access management, che sono la base per costruire una visione univoca, a 360 gradi del cliente. Come? Sfruttando le informazioni generate dall’interazione degli utenti con i messaggi pubblicitari on line per generare cluster su cui possono poi essere costruiti contenuti dinamici. Oppure raccogliendo i dati delle casse per implementare analisi di Business Intelligence per la valorizzazione delle carte fedeltà. O ancora, facendo leva sulle newsletter per mappare i diversi touch point, col fine ultimo di realizzare sistemi di customer identification. A quel punto diventa possibile attivare programmi di awareness e loyalty gestibili in real time.

Come evolverà questo approccio considerando le nuove tecnologie che già si affacciano sulla scena?

Se allude ai Wearable e all’Internet of Things, direi che non faranno altro che aggiungere nuove fonti di dati sullo status del cliente. In questo senso, aumentando la complessità del sistema, diventa ancora più importante riuscire a unificare la visione sul consumatore. Tra le altre tecnologie emergenti, oltre al Machine learning anche i chatbot sono già una realtà e sono strettamente legati al tema dell’automazione del Marketing. La sfida sarà riuscire a offrire interazioni sempre più umane, benché simulate, e ottenere analisi e metriche slegate da regole tassonomiche e capaci di farci conoscere e riconoscere l’individuo. Forse è prematuro parlare di Intelligenza artificiale, ma è quella la direzione da intraprendere se vogliamo davvero mettere il cliente al centro.

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