People Strategy

Employee engagement: come coinvolgere i dipendenti in azienda

Che cosa è l’employee engagement e come supporta le aziende a centrare meglio gli obiettivi di business, rendendo le persone più partecipi e produttive? Quali sono le tecnologie digitali che aiutano a migliorarlo? Ecco cosa c’è da sapere

Pubblicato il 04 Apr 2022

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L’employee engagement è da qualche anno in cima alle agende degli HR manager. Ma cosa significa e perché è così importante? L’employee engagement rappresenta la misura del coinvolgimento del dipendente verso l’organizzazione. Il collaboratore che si sente coinvolto negli obiettivi dell’azienda e ne condivide i valori è più produttivo. Se percepisce il proprio ruolo come rilevante all’interno dell’impresa, infatti, si sente parte attiva dell’organizzazione e, a parità di competenze, si dimostrerà più efficiente e collaborativo rispetto a un dipendente non ingaggiato.

Employee engagement e comunicazione interna: due facce della stessa medaglia

Come sottolineano Laura Cavallaro e Beatrice Medved, rispettivamente Partner e Junior Consultant di P4I – Partners4Innovation, «il dipendente che condivide i valori della sua azienda, che si sente coinvolto e ingaggiato nelle attività e parte integrante del raggiungimento degli obiettivi aziendali, è un dipendente più produttivo».

Per migliorare ed aumentare l’employee engagement però, da dove si può partire?

«Un primo step è analizzare la propria comunicazione interna. Infatti, la comunicazione interna aziendale non ha soltanto la funzione di veicolo di contenuti e informazioni, ma porta con sé anche le caratteristiche intangibili delle aziende, come i valori, la fiducia e l’ascolto. Lavorare sulla propria comunicazione interna e sul proprio metodo di comunicazione del sistema valoriale aziendale quindi, può essere un primo passo per capire come i dipendenti stessi concepiscono i valori e, di conseguenza, come coinvolgerli attivamente».   

Stimolare l’innovazione e l’empowerment: l’importanza dell’employee engagement

Il successo di un’azienda, le sue performance di vendita, la qualità dei suoi servizi e la sua immagine dipendono non solo dalla validità dei suoi manager e dalla bontà delle strategie delineate ma anche dall’engagement dei dipendenti. L’employee engagement non solo ha riflessi sul clima di lavoro e la produttività dei singoli ma si riverbera anche indirettamente nella capacità dell’azienda di innovare e nella customer satisfaction. Il collaboratore ingaggiato è più realizzato dal punto di vista lavorativo e più propenso a contribuire in modo propositivo ai processi innovativi. Inoltre, è stimolato a trasmettere al cliente i valori aziendali, cercando di soddisfare al meglio le sue necessità.

«La comprensione del ruolo di una persona all’interno di un’organizzazione, la valorizzazione del singolo e il riconoscimento dei suoi meriti, la sua inclusione nei team giusti, la fiducia nelle sue capacità, la responsabilizzazione rispetto agli obiettivi di business (empowerment), lo sviluppo di soft skill, sono tutti elementi fondamentali di un engagement aziendale che mira ad attrarre i candidati giusti, fidelizzare e trattenere i talenti migliori», sottolinea Cavallaro. A tutti questi elementi corrispondono strategie ad hoc che vanno dall’employer branding al team building per arrivare fino all’employee advocacy, sostenuti da nuovi approcci organizzativi e manageriali e abilitati da tecnologie digitali di ultima generazione.

Tuttavia, ad oggi, la situazione non è confortante: analizzando i dati dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano emerge chiaramente che in seguito alla pandemia è aumentato notevolmente il numero di lavoratori intenzionato a cercare un nuovo impiego – nel 2021 il 30% di coloro che sono stati colpiti dal COVID-19 prevedevano, infatti, di cambiare il proprio datore di lavoro nei successivi 6 mesi. Ad oggi, 1 persona su 4 dichiara che il senso di appartenenza all’organizzazione è fortemente diminuito e lo conferma l’engagement rate al -16% rispetto al 2020 (-23% per coloro che si reputavano fortemente ingaggiati). È il fenomeno della Great Resignation, non più soltanto ancorato agli Stati Uniti ma che dilaga anche in Italia, tanto nelle grandi aziende quanto nelle PMI.

Ad alimentare questa inversione di tendenza sono le nuove esigenze e le priorità dei lavoratori insieme alla ricerca di nuovi equilibri e significati da dare al proprio talento e al proprio impego. Sono atteggiamenti che si traducono in una vera a propria sfida per le aziende che devono ora riuscire a conciliare l’estrema personalizzazione dell’esperienza lavorativa che le persone richiedono con gli obiettivi di business attraverso le giuste strategie di talent retention.

Secondo il report realizzato da Randstad dal titolo Employer Brand Research 2021, le principali ragioni che portano i dipendenti a dare le dimissioni sono la ricerca di un buon equilibrio fra vita privata e vita lavorativa, un’atmosfera di lavoro piacevole, retribuzione e benefit interessanti insieme alla giusta valorizzazione e infine la formazione – in ottica di lifelong learning.

L’employee engagement che fa il paio con lo Smart Working

In Italia, le strategie di employee engagement hanno subìto un’accelerazione con l’entrata in vigore della legge sul lavoro agile (81/2017) che sancisce la parità contrattuale tra i lavoratori tradizionali e quelli che operano in Smart Working. Proprio il sostegno a modalità di lavoro innovative è uno degli aspetti centrali delle strategie di employee engagement. La possibilità di migliorare l’equilibrio tra vita privata e lavorativa – il cosiddetto work-life balance – aumenta la soddisfazione del dipendente e rappresenta una delle principali leve d’ingaggio soprattutto per i lavoratori più giovani, nativi digitali della generazione Millennial. La valorizzazione di una produttività svincolata dalle logiche della presenza in ufficio fa il paio con un cambio di rotta a livello organizzativo e con nuovi stili di leadership. Le organizzazioni gerarchiche e piramidali lasciano spazio a nuovi impianti organizzativi che favoriscono la collaborazione e il lavoro in squadra, il senso della community e l’empowerment individuale premiando il raggiungimento degli obiettivi di business più che la permanenza alla scrivania.

Il digital workplace soppianta la scrivania

Le strategie di ingaggio delle organizzazioni sfociano spesso anche in un cambio di paradigma deciso: le postazioni attrezzate e le scrivanie tradizionali vengono sostituite da ambienti di lavoro digitali, soprattutto in seguito alla pandemia di covid-19 e alla spinta verso una maggiore digitalizzazione. L’ufficio non è più un luogo fisico ma un ambiente fluido e personalizzabile, che sostiene al meglio le esigenze di lavoratori smart e team distribuiti. Spazio, quindi, ai digital workplace in cui dipendenti, consulenti e collaboratori sono in grado di accedere a dati e applicazioni aziendali in modo sicuro indipendentemente dal luogo in cui si trovano e dal dispositivo utilizzato, senza alcun vincolo di orario. Strumenti di comunicazione e collaborazione ampiamente utilizzati dai dipendenti nella vita privata – chat di instant messaging e social network – si estendono a quella lavorativa, per migliorare la collaborazione all’interno dei team di lavoro e aumentare la produttività dei singoli.

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L’employee engagement ai tempi del covid-19

«Con la pandemia di covid-19, comunicazione interna aziendale ed engagement dei dipendenti sono diventati due priorità fondamentali di moltissime organizzazioni – ribadiscono Cavallaro e Medved -. «Da un lato, la comunicazione ha dovuto adattarsi al nuovo contesto lavorativo e aziendale e trasmettere informazioni e valori in una maniera completamente nuova e, a molti, sconosciuta; dall’altro le organizzazioni hanno dovuto sperimentare nuove metodologie di engagement dei dipendenti, per la maggior parte in Smart Working forzato.

Gli elementi che sicuramente hanno caratterizzato l’engagement dei dipendenti nel periodo della pandemia e dell’adozione dello Smart Working da parte di numerose organizzazioni, sono stati:
la tecnologia (più o meno adeguata a seconda che le aziende fossero già fornite tutti dispositivi tecnologici necessari);
la collaborazione da remoto (più o meno funzionale a seconda dei casi, a seconda che le aziende avessero già installato o meno software di collaborazione e che i dipendenti li sapessero utilizzare);
l’apertura e la capacità di adattamento dei dipendenti alle nuove modalità di lavoro (in questo caso entrano in ballo diversi fattori: competenze digitali, gap generazionali, conoscenza dei tool, facilità di adattamento di alcune mansioni rispetto ad altre durante il lavoro da remoto, etc.);
– la capacità di comunicare efficacemente a livello aziendale di manager, dipartimenti, team, e persone». 

Le tecnologie digitali che fanno (più) felice il dipendente…e facilitano l’employee engagement

Le tecnologie digitali di ultima generazione contribuiscono a creare un ambiente di lavoro positivo e offrono migliori opportunità di crescita professionale. Inoltre, supportano l’azienda nel creare una cultura del lavoro che apprezza e promuove le idee innovative. In un ambiente di questo tipo, i lavoratori sono in grado di realizzare al meglio il proprio potenziale. Ma quali sono le tecnologie e gli strumenti che assicurano una employee experience digitale, ricca e coinvolgente?

Tool di crowdsourcing

Gli strumenti di crowdsourcing promuovono la generazione e condivisione delle idee e il raggiungimento degli obiettivi aziendali: wiki, forum, blog autogestiti e mentor digitali favoriscono lo scambio di opinioni anche a distanza accelerando i processi di innovazione e migliorano l’engagement aziendale.

Realtà virtuale per l’augmented learning

Una tessera fondamentale nel puzzle dell’employee engagement è una formazione più coinvolgente e interattiva. Oggi, con la disponibilità di visori per la realtà virtuale e aumentata (VR/AR) è possibile apprendere all’interno di scenari realistici in tutta sicurezza. La formazione diventa più conveniente per l’azienda e meno problematica da fruire per il dipendente, che non dovrà spostarsi o chiedere permessi.

Internet of Things

Gli oggetti connessi permettono di creare un’employee experience interattiva e digitale. App per smartphone e sensori IoT guidano il dipendente verso le sale riunioni vuote o i parcheggi disponibili. Gli uffici, le scrivanie, le macchine per il caffè, i sistemi di condizionamento, riscaldamento e illuminazione possono essere gestiti in modo estremamente personalizzato e adattarsi dinamicamente alle preferenze dei singoli.

Cloud

I nuovi strumenti di comunicazione in tempo reale e collaborazione permettono di plasmare un’employee experience improntata al potenziamento dell’ottica di teamwork. I dipendenti potranno condividere dati e applicazioni in real time e aggiornarli remotamente attraverso strumenti intuitivi ospitati in cloud.

E-learning

Anche le piattaforme di e-learning sono un ottimo strumento per l’engagement dei dipendenti. Da un lato, viene data ai dipendenti l’occasione di crescere e arricchirsi professionalmente, e dall’altro vengono resi partecipi della mission aziendale volta al miglioramento, all’innovazione e alla crescita continua.
In questo caso, anche curare la comunicazione per ingaggiare i dipendenti nel processo di trasformazione e apprendimento risulta fondamentale per trasmettere correttamente i messaggi.  

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Blockchain

I registri distribuiti e la Blockchain sono utilizzati per la gestione trasparente di paghe e rimborsi spese. Le informazioni personali, quelle sulle performance e i salari potranno essere immagazzinate su un database distribuito e utilizzate per creare l’identità digitale del dipendente, che costituisce la base dei sistemi reputazionali di nuova generazione. Infine, l’organizzazione potrà utilizzare gli smart contract per automatizzare i pagamenti, a tutto vantaggio dell’employee engagement.

Intelligenza artificiale e machine learning

AI e machine learning sono ampiamente utilizzati per migliorare le strategie di engagement aziendale. A partire dal recruiting, dove l’analisi semantica dei curricula dei candidati fa emergere con chiarezza le competenze trasversali, le cosiddette soft skill – come la propensione al lavoro in team o l’attitudine al problem solving – che migliorano il clima di lavoro e la produttività di tutta l’organizzazione. I chatbot facilitano l’onboarding e offrono al neo assunto la possibilità di reperire immediatamente le informazioni utili a espletare tutte le formalità necessarie per essere da subito operativo. Con la sentiment analysis, poi, i responsabili HR avranno sempre il “polso” della soddisfazione dei dipendenti e del loro coinvolgimento rispetto ai team e ai manager. Gli algoritmi di autoapprendimento permettono anche di ottimizzare i percorsi di carriera sulla base delle aspettative dei dipendenti, pianificando la formazione in modo più accurato e massimizzando la produttività dei team.

Employer branding per attrarre i talenti migliori

Un aspetto centrale dell’ingaggio è l’employer branding, ovvero la capacità dell’organizzazione di essere attrattiva per i potenziali candidati. Un employer branding per congeniato attira i talenti migliori – quelli più adatti a lavorare per l’azienda – e quelli che con tutta probabilità saranno anche i più fedeli. Questo, in definitiva, migliora l’employee engagement e il risultato sarà che l’organizzazione non solo sarà in grado di “calamitare” i lavoratori più talentuosi ma sarà anche in grado di trattenerli. Le organizzazioni che si fanno promotrici di modalità di lavoro più moderne e agili, più attente agli aspetti del work life balance e con programmi di welfare aziendale ben congeniati risultano più attraenti non solo per i Millennials ma anche per i loro colleghi meno giovani.

«Oltre a ciò, soprattutto in un periodo di forte trasformazione digitale come questo, anche le organizzazioni che investono nella formazione e che cercano di fornire tutte le digital skill necessarie ai propri dipendenti risultano più attraenti: da un lato, investono sui propri dipendenti per una maggiore produttività, e dall’altro aumentano l’employability del dipendente che sarà sempre più soddisfatto di lavorare in un’azienda che investe sulla sua crescita professionale», ribadiscono Cavallaro e Medved. 

Il team building aziendale che riduce il turnover

Il coinvolgimento di dipendenti e collaboratori è influenzato da diverse variabili. Una delle più importanti è la possibilità di sentirsi parte di un gruppo di lavoro coeso. Diverse sono le attività che permettono di consolidare le relazioni tra i membri dell’organizzazione anche al di fuori dell’orario di lavoro e dell’ambiente d’ufficio. Il team building aziendale fa riferimento proprio alle esperienze inusuali e ludiche che hanno lo scopo di stimolare la motivazione individuale e la capacità di lavorare in gruppo. Queste iniziative, rivolte a tutta l’organizzazione o a specifici gruppi, sono cruciali per un employee engagement di successo: aumentano la soddisfazione individuale e riducono assenteismo e turnover. Il dipendente ingaggiato, infatti, è meno propenso a “guardarsi intorno” e cercare opportunità di carriera al di fuori dell’azienda.

Alcuni esempi di queste iniziative possono essere:

  • contest e giornate ludiche aziendali,
  • aperitivi di team e di practice,
  • eventi aziendali in plenaria,
  • caffè virtuali di team o tra le nuove risorse per migliorare il loro coinvolgimento. 

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Employee advocacy e gamification

I social media, controllati e aggiornati di frequente nella vita privata, possono trasformarsi in un potentissimo strumento di team building ed engagement aziendale. I collaboratori che si sentono parte attiva di un brand sono più propensi a comunicare i suoi valori anche all’esterno trasformandosi in veri e propri fan. È questo il concetto di employee advocacy, il coinvolgimento dei dipendenti nella diffusione di contenuti e messaggi legati al brand, con l’intento di innescare un passaparola positivo e rafforzare il marchio.

Ma come può l’azienda stimolare i propri collaboratori a promuovere il brand?

«Prima di tutto, le organizzazioni potrebbero organizzare delle brevi sessioni di formazione live, come dei webinar, per formare le proprie persone sull’utilizzo dei social media e sui vantaggi che essi possono fornire a livello aziendale e personale», ribadiscono Cavallaro e Medved.

Oltre a ciò, una strategia che si rivela spesso efficace è quella focalizzata sulla gamification, che stimola la competizione “amichevole” tra colleghi attraverso un sistema di ricompense e riconoscimenti per quelli che si dimostrano più attivi nel promuovere immagine e valori aziendali sui social media. Il passaparola spontaneo dei dipendenti sui social li trasforma in veri e propri ambassador pronti a condividere con entusiasmo i dettagli della loro esperienza di lavoro e il rapporto con l’azienda. Tutto questo può avere un grosso impatto sulla reputazione aziendale perché i dipendenti sono considerati una fonte credibile e autorevole per i consumatori e il loro ingaggio di fatto permette all’azienda di migliorare la brand reputation.

Inoltre, il dipendente che si cimenta nell’essere un vero e proprio ambassador per la propria organizzazione può utilizzare questa attività anche a vantaggio personale: infatti, curare il proprio personal brand sui social media può essere utile anche alle persone stesse per ampliare il proprio network, incontrare nuove figure professionali e farsi conoscere nel proprio ambito.  

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