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Mazars: ecco come la consulenza declina il concetto di lavoro ibrido

La consulenza è stata tra i primi settori ad adottare l’agile working, il ripensamento degli spazi e la responsabilizzazione sugli obiettivi, già prima del Covid. Mazars era quindi pronta a gestire la forte accelerazione sul lavoro ibrido, che oggi non prevede per i dipendenti obbligo di presenza. Ce ne parla Alberto Ascoli, Chief People Officer di Mazars in Italia

Pubblicato il 16 Set 2021

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Era in anticipo quando si è riorganizzata nel 2016, con un ricambio gestionale e personale che ha permesso di partire con una struttura agile, basata sull’autonomia e con una spiccata digitalizzazione dei processi aziendali. E ancora oggi è in anticipo sul lavoro ibrido. Da questo mese di settembre, infatti, i consulenti di Mazars dovranno avere un buon motivo per recarsi in ufficio.

La società di audit, tax e financial advisory è in crescita in tutto il mondo (+7,8% nell’esercizio 2019/2020 soprattutto in Asia-Pacific con il più alto tasso di crescita, +16,9%), con 42mila professionisti e 1,9 miliardi di euro di fatturato ed è presente in Italia con oltre 360 collaboratori, una trentina di partner e 26 milioni di euro di fatturato. Da settembre, nella sede di via Ceresio 7 a Milano, struttura sostenibile certificata Leed, non ci sarà più l’obbligo di presenza e il sistema automatico di prenotazione avviserà quando sarà raggiunto il tetto massimo di postazioni al giorno, corrispondenti al 40% della forza lavoro. Per gli altri, Smart Working. Detto diversamente, non ci sarà più il libero accesso all’ufficio. «Mi piace definirla un’Area C della mobilità aziendale: in ufficio ci si va solo se necessario o se concordato con il proprio responsabile, perché i processi e i team di progetto sono perfettamente supportati dai sistemi digitali e possono essere gestiti da postazioni diffuse», spiega Alberto Ascoli, Chief People Officer di Mazars in Italia.

Le premesse del lavoro agile in Mazars

Ma una decisione così forte, ossia l’accesso in ufficio regolamentato da una app con soglie definite per ogni divisione aziendale, non è qualcosa di improvviso: è l’evoluzione di una cultura del lavoro impostata, già prima della pandemia, sulla responsabilità e sui risultati anziché sul controllo e la presenza.

«La pandemia ha solo accelerato un processo in corso, che ci avrebbe comunque portato a ridimensionare il tempo trascorso in ufficio. L’evoluzione tecnologica applicata al lavoro consente infatti una flessibilità e un’autonomia organizzativa che non si possono né frenare né fermare, e che non sarebbe neppure auspicabile tentare di contrastare visti i benefici che porta», commenta Ascoli.

Già prima della pandemia, Mazars in Italia consentiva due giorni alla settimana di Smart Working, che supportava con piattaforme collaborative, archivi online, computer portatili e smartphone per tutti e assenza in ufficio di postazioni, pc e telefoni fissi. Anche la nuova sede di via Ceresio nasce senza pareti interne, come grande open space inaugurato a gennaio 2020. Anche i contratti in Mazars si firmavano già digitalmente e tutti usavano app per attività come l’utilizzo dei buoni pasto o la consultazione del cedolino. Ora si aggiunge l’app di prenotazione della scrivania. Il Barometro Mazars C-Suite 2020, report annuale che raccoglie opinioni e prospettive di oltre 500 figure apicali di aziende leader a livello globale, ha evidenziato come tra i principali fattori di sviluppo nei prossimi 3/5 anni ci sarà l’influenza che la tecnologia avrà sui modelli organizzativi e di business, su cui Mazars sta già lavorando.

L’evoluzione con la pandemia

Quando la pandemia ha obbligato tutti a casa, Mazars era già pronta con l’infrastruttura digitale e uno stile di lavoro ampiamente gestito in autonomia. E sono arrivate sorprese positive: «C’è stato un aumento di produttività dei nostri collaboratori, che hanno potuto organizzare ancora meglio le loro attività senza i tempi morti degli spostamenti e di quelle riunioni fiume tipiche del pre-covid. Ora nelle riunioni online si va dritti al sodo e i collaboratori ti rispondono sempre in chat. Come diceva Hitchcock a proposito del cinema, è come guidare di notte, con i fari che illuminano solo quello che serve», precisa Ascoli con un’immagine eloquente.

Tuttavia, un po’ di accompagnamento alle nuove condizioni di lavoro durante i due lockdown è servito anche ai collaboratori di Mazars, sia a livello pratico sia psicologico. A livello pratico sull’utilizzo sempre più pervasivo delle tecnologie digitali a supporto del lavoro; a livello psico-sociale con incontri digitali su argomenti di interesse comune, sulle forme di benessere, ma anche su come trattare il proprio profilo social e su come gestire il tempo durante la giornata lavorativa, prendendosi le giuste pause, non facendo seguire una riunione all’altra senza tempi di recupero e mantenendo l’equilibrio tra attività lavorative e impegni privati.

Mazars e lavoro ibrido: il ruolo del welfare

In Mazars l’attenzione al bilanciamento fra vita privata e vita professionale era già forte prima del Covid, per esempio con il sostegno alle donne per non creare gap di carriera. In particolare, l’indennità di maternità viene riconosciuta dalla società anche alle collaboratrici con partita Iva in modo che tutte le donne abbiano 5 mesi di maternità retribuiti, oltre a un contributo al pagamento dell’asilo nido di 3mila euro se rientrano al termine della maternità obbligatoria.

Più in generale, durante la pandemia Mazars ha deciso di mantenere il buono pasto anche per chi lavora in remoto e, anzi, di aumentarne l’importo giornaliero da 7 a 8 euro, a differenza di tante aziende che invece l’hanno sospeso. «Trovo sia un controsenso sospendere un simile benefit, anche perché l’azienda può rimodulare gli uffici in spazi più ridotti con un significativo risparmio di costi. Infatti abbiamo mantenuto anche il voucher per il Black Friday, proprio per compensare gli smart worker per le spese aggiuntive che sostengono lavorando da casa. Credo sarà inevitabile un intervento giuslavoristico sui vari aspetti del nuovo lavoro ibrido», commenta Ascoli.

Essere ibridi dopo l’emergenza

In Mazars il lavoro ibrido del post pandemia sarà molto più spostato sul lavoro da remoto che non sulla presenza in ufficio e richiederà capacità organizzativa e manageriale per gestire i team.

«Al di là delle tecnologie a disposizione, cambia proprio la relazione fisica tra capi e collaboratori, perché le persone si vedono e si incontrano solo se si organizza un evento dedicato. Così, momenti di confronto online li abbiamo creati anche durante il lavoro totalmente a distanza, ma ora ancora di più il manager dovrà gestire da un lato le presenze contingentate e, dall’altro, abituarsi a non avere sott’occhio le persone neppure nella nuova normalità. Oltre a eventuali difficoltà a creare una relazione di fiducia su una autonomia di lavoro così pervasiva ed estesa, su cui continueremo ad accompagnare i responsabili, non bisogna dimenticare i limiti intrinseci dell’online, ossia la perdita di un po’ di creatività. Mi riferisco a quei momenti generativi di idee, proposte, progetti favoriti dagli incontri informali in azienda, in questi casi “tempi morti” più simili all’ozio creativo che a una perdita di tempo. In particolare, i nuovi assunti vanno introdotti con attenzione e gradualità al lavoro da remoto, prevedendo più tempo in azienda all’inizio per favorirne l’integrazione, oltre a una serie di strumenti digitali (app e giochi) che già usiamo per accompagnarli nel processo di candidatura, inserimento e fidelizzazione. Non voglio dire che non abbiamo incontrato resistenze, quelle sono fisiologiche, ma generalmente anche i più resistenti, toccando con mano i vantaggi complessivi del lavoro agile, si sono dovuti ricredere e ora sostengono il passaggio esteso al digitale anche nella nuova normalità», conclude il manager. Che in agenda ha già pianificato una serie di nuovi incontri digitali sul benessere (well-being) e ha prenotato la seconda giornata di donazione di sangue con l’Avis, iniziativa introdotta nel 2020 in azienda con il furgone dell’Avis di Milano.

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