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Industrial Smart Working, anche per i ruoli operativi le aziende premono sull’acceleratore del lavoro agile

Finora appannaggio quasi esclusivo dei “colletti bianchi”, oggi il lavoro agile si diffonde anche tra gli operatori sul campo e nell’industria. Gli Smart Connected Worker sono il fulcro di un nuovo approccio operativo in cui skill ed esperienze personali sono potenziati dall’uso di strumenti connessi e smart

Pubblicato il 03 Ago 2021

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Nei mesi più bui della pandemia, lo Smart Working ha permesso ad aziende e amministrazioni pubbliche di garantire la continuità operativa nonostante i vincoli agli spostamenti delle persone in vigore. Le potenzialità di questo modello di produttività individuale erano già note da tempo, ma mentre oltreoceano la consuetudine di lavorare da casa era già incentivata da anni, nel nostro Paese queste strategie non sono mai veramente decollate fino al lockdown di marzo-aprile 2020. «I numeri di Assolombarda – esordisce Francesca Puggioni, Managing Director Sud Europa di Orange Business Services – evidenziano come nel 2019 solo il 15% dei lavoratori aveva la possibilità di operare da remoto. A marzo 2020 la percentuale era salita al 37%, che corrispondono a circa 6,6 milioni di individui, per poi assestarsi intorno ai 5 milioni di individui, in media, a partire da settembre. Il dato più significativo, però, è che oggi ben il 60% delle imprese italiane contempla lo Smart Working come modalità di lavoro per dipendenti e manager».

Smart Working, le tre direttrici del cambiamento

Il rapporto tra l’organizzazione e gli individui che la compongono è profondamente cambiato negli ultimi anni, sotto la spinta di logiche, policy aziendali e strumenti di produttività nuovi. Una trasformazione che ha permesso di traghettare dapprima la dimensione dell’ufficio e, oggi, anche quella della fabbrica, verso una logica digitalizzata, del tutto o in parte svincolata dalla presenza fisica in sede del lavoratore. «I fattori che hanno determinato questo cambiamento sono diversi, ma a mio avviso i più importanti sono tre», spiega Puggioni:

  • Cultura: «Ci sono due aspetti culturali che si riflettono sull’evoluzione in atto nello Smart Working, uno sociale e uno manageriale. Per quanto riguarda il primo, gli italiani amano stare in compagnia e questo chiaramente si concilia meglio con l’idea di passare del tempo in ufficio. Sul secondo, invece, pesa la scarsa fiducia dei manager nei confronti dei lavoratori, tant’è che in alcune grandi aziende italiane veniva chiesta la presenza in ufficio anche nel periodo di massima emergenza sanitaria».
  • Ambiente: «In Italia si vive spesso in grandi città densamente popolate e anche chi abita fuori dai centri abitati tende a spostarsi quotidianamente per andare in ufficio. Non è così negli USA, dove spesso manager e professionisti vivono lontani dalle città e lavorano da remoto per buona parte della settimana, muovendosi solo quando è necessario».
  • Tecnologia: «Quando si parlava di Smart Working negli anni scorsi si dava per scontato che questa possibilità riguardasse solo ed esclusivamente i white collar, quindi gli impiegati, i quadri, i manager che lavorano in ufficio. L’evoluzione digitale degli ultimi anni ha permesso anche ai lavoratori sul campo di operare da remoto». Al centro dei nuovi approcci alla produttività del personale tecnico ci sono gli Smart Connected Worker, operatori con abilità e capacità potenziate dalle tecnologie digitali.

Come evolvono le strategie di engagement

Il Covid ha costretto aziende e amministrazioni pubbliche a sperimentare velocemente lo Smart Working su vasta scala. E oggi che molti lavoratori e datori di lavoro ne hanno compreso i benefici, cresce la consapevolezza del fatto che difficilmente si tornerà indietro. «I digital workspace sono il fulcro di questa nuova produttività ibrida, che contempla elementi di home working e office working». Ma il percorso di affrancamento dalla presenza quotidiana in azienda è spesso in salita perché «c’è un bisogno di appartenenza che va soddisfatto e con il solo Smart Working è difficile riuscirci. Prima i talenti premiavano chi garantiva l’opportunità di lavorare qualche giorno da casa. Oggi che tutti offrono questa possibilità, la vera differenza la fa la qualità del lavoro in ufficio. Ecco perché le aziende in futuro dovranno investire nell’engagement, arrivando anche a riprogettare gli ambienti di lavoro per garantire una collaborazione fluida tra chi lavora da remoto e chi opera in sede. Anche noi in Orange Business Services abbiamo trasformato i nostri uffici di Milano in piena pandemia, plasmandoli proprio su questi principi».

Industrial Smart Working al centro dei nuovi modelli di produttività

La necessità di garantire la sicurezza dei lavoratori e ridurre i costi operativi spinge poi un numero sempre più alto di aziende dell’impiantistica, del settore estrattivo, della siderurgia e, più in generale, dell’industria pesante a estendere l’applicazione dei modelli di Smart Working anche agli operatori dello shop floor, ai tecnici che operano sul campo (field operator) e ai manutentori. «L’Industrial Smart Working – sottolinea Puggioni – è una realtà resa possibile dalla convergenza tra Operation Technology e Information Technology. Per remotizzare il lavoro in ufficio spesso sono sufficienti un notebook e una connessione mobile. Tutto si complica, invece, quando è coinvolto il personale più tecnico, che nell’eseguire le proprie mansioni utilizza strumenti ormai divenuti intelligenti, o quantomeno connessi. Dotando il personale sul campo di visori per la realtà aumentata oppure di occhiali speciali, per esempio, è possibile cambiare il modello operativo degli interventi di manutenzione facendo lavorare risorse junior guidate remotamente da un tecnico esperto, riducendo gli spostamenti e i costi senza compromessi sull’operatività».

Gli ambiti applicativi dell’Industrial Smart Working

Le prime aziende ad aver adottato lo Smart Working al di fuori dell’ambito dell’ufficio sono quelle che operano nell’industria pesante, spinte dalla necessità di garantire maggior sicurezza ai propri operatori. Gli ambiti di applicazione sono davvero numerosi. «Nel settore minerario, la possibilità di utilizzare tool connessi che inviano immagini a un operatore remoto permette di compiere tutte le attività di pre-esplorazione con un impiego minimo di personale». Sempre nel settore minerario, per esempio, Orange Business Services ha realizzato per De Beers una soluzione di geofencing che impiega le tecnologie IoT e 5G per creare una zona di lavoro sicura a protezione dell’equipaggio delle navi impegnate in operazioni estrattive in alto mare. Anche la conduzione remota delle gru nel settore delle costruzioni rappresenta un campo di applicazione particolarmente interessante, così come l’analisi in sicurezza della risposta ai vaccini nell’industria farmaceutica. «L’osservazione al microscopio della risposta vaccinale è un’attività che richiede molto tempo, oltre ad essere piuttosto noiosa e spesso anche pericolosa. Oggi è possibile ovviare a questi problemi con una fotocamera smart posizionata sopra al microscopio, che acquisisce di continuo le immagini delle colture lasciando al ricercatore più tempo da dedicare ad altre attività».

L’esperienza di Orange Business Services

Orange Business Services da diversi anni affianca le aziende che vogliono espandere i confini dei propri uffici tecnici con lo Smart Working grazie a un’offerta completa, che copre tutti gli ambiti della digitalizzazione: infrastrutture, reti, security e una conoscenza approfondita dei processi e delle dinamiche di business. «Il nostro valore aggiunto deriva dall’essere una Network Native Digital Services Company – spiega la manager –. Abbiamo una visione globale e geografica del business ma una conoscenza verticale e locale dei processi aziendali. Negli anni abbiamo migliorato la conoscenza delle peculiarità e delle dinamiche che governano molti settori e siamo in grado di mapparle sulle strategie di digitalizzazione dei nostri clienti». Un ulteriore elemento distintivo è legato alla capacità di presidiare tutto il data journey, dall’acquisizione al trasporto, alla visualizzazione e gestione in sicurezza, attraverso la divisione Digital and Data, nata nel 2018 ma cresciuta rapidamente grazie ad acquisizioni strategiche come quelle di Business&Decision e Basefarm.

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