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Full smart working: lavorare sempre e per sempre da casa, una scelta possibile ma non per tutti

La pandemia ha obbligato le aziende di tutto il mondo ad abbracciare il lavoro a distanza. Tante realtà stanno guardando già a questo modello organizzativo come definitivo. La tendenza sembra puntare verso una forma di lavoro ibrido che alterni presenza in ufficio a lavoro da casa, tuttavia c’è anche chi sta pensando e attuando il full smart working, come Facebook e Fineco

Pubblicato il 03 Feb 2021

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Da qualche anno ormai il lavoro a distanza, o Smart Working come comunemente si usa chiamarlo in Italia, si prefigura come una tendenza in graduale aumento, e alcune aziende stanno addirittura valutando di introdurre il Full Smart Working. Ancor prima del Covid-19, aziende più attente all’evoluzioni in ambito lavorativo avevano già disposto uno o anche due giorni a settimana da casa per i dipendenti le cui funzioni fossero compatibili con questa modalità. Ma è poi proprio con il lockdown a seguito della diffusione del virus che i datori di lavoro si sono resi effettivamente conto di come le attività potessero essere svolte anche da remoto. Naturalmente il mondo non era preparato per il lavoro a distanza di massa, tuttavia i risultati di questa esperienza rivoluzionaria nella sua repentinità sono stati più che positivi.

Un interessante documento pubblicato da Pwc che mette a confronto due sondaggi sul tema del remote working, realizzati rispettivamente nel mese di giugno 2020 e nel mese di dicembre 2020 su oltre 118 dirigenti e 1.200 impiegati statunitensi, rivela non solo come lavorando da casa sia aumentata la produttività in generale, ma anche come, a distanza di qualche mese dal primo rilevamento, il feedback positivo dei partecipanti sia cresciuto ulteriormente: a dicembre il 52% dei datori di lavoro poteva ritenersi soddisfatto del livello produttivo raggiunto contro il 44% di giugno, per i dipendenti invece il riscontro in termini di punti percentuale è stato ancora più ampio passando dal 22% di giugno al 38% di dicembre. “I risultati di questo secondo sondaggio − scrivono i ricercatori − dovrebbero aiutare a dissipare le preoccupazioni tra gli scettici che ritengono il lavoro da casa meno efficace e dovrebbero attirare l’attenzione su azioni specifiche che le aziende possono intraprendere per aiutare la loro forza lavoro a svolgere efficacemente le attività in qualsiasi ambiente”.

Remote working, per molti ma non per tutti

Il Covid-19 ha mostrato come il lavoro a distanza fosse possibile per molte persone che sino ad allora non avevamo mai sperimentato alcuna forma di flessibilità, ma non per tutti. Uno studio pubblicato nel mese di novembre dal McKinsey Global Institute dal titolo “What’s next for remote work: an analysis of 2000 task, 800 jobs and nine countries” ha posto l’accento sul fatto che non tutte le professioni consentono il lavoro a distanza anzi, in verità, solo una minima percentuale dei lavori può essere svolta da remoto senza che venga penalizzata in alcun modo.

Il potenziale per il lavoro a distanza, affermano i ricercatori, dipende dal mix di attività di ciascuna occupazione e dal loro contesto fisico, spaziale e interpersonale. La maggior parte di quelle fisiche o manuali, così come quelle che richiedono l’uso di attrezzature fisse, non possono essere svolte da remoto, ne sono un esempio la fornitura di assistenza, l’utilizzo di macchinari, l’utilizzo di apparecchiature di laboratorio o l’assistenza dei clienti nei negozi. Al contrario, attività come la raccolta e l’elaborazione delle informazioni, la comunicazione con gli altri, l’insegnamento e la consulenza e la codificazione dei dati possono essere teoricamente svolte a distanza. A questo si aggiunge il fatto che, durante la pandemia, i datori di lavoro si sono accorti che, sebbene alcune attività possano essere svolte a distanza in caso di crisi, sono molto più efficaci di persona, basti pensare al coaching, alla consulenza e a tutte quelle attività che presuppongono la costruzione di relazioni con i clienti. Si può così concludere che il potenziale di lavoro a distanza è concentrato in pochi settori.

Al primo posto della classifica dei lavori che più si prestano ad essere eseguiti in Full Smart Working troviamo quelli che afferiscono al settore finance e insurance (in questo caso generalmente tre quarti del tempo sono spesi in attività che possono essere svolte da remoto senza perdita di produttività), seguono i ruoli di managament, al terzo posto ci sono i servizi professionali, scientifici e tecnici, al quarto le professioni in ambito IT e telecomunicazioni, al quinto quelle in ambito education e giù sino alla fine della classifica dove troviamo, per ovvie ragioni, le attività legate al settore agricolo.

Full Smart Working o lavoro ibrido?

Guardando ad un futuro fuori dalla pandemia è abbastanza chiaro a tutti che la modalità di lavoro da remoto col suo bagaglio di esperienze, positive o meno, non potrà in ogni caso essere riposta in un cassetto e niente tornerà più come prima. La tendenza che si va delineando adesso è verso una forma ibrida di lavoro che mixa all’occorrenza lavoro a distanza e presenza in ufficio.

Molteplici studi realizzati nel mondo dimostrano infatti come in generale datori e dipendenti siano d’accordo nel prevedere un rientro in ufficio flessibile, tuttavia ciò che invece non è del tutto condivisa è l’idea di quanto tempo vada trascorso in sede e quanto a casa. Intervistando nel mese di giugno 800 dirigenti da tutto il mondo, McKinsey ha rilevato che solo il 7% di loro era disposto a concedere tre o più giorni a settimana di lavoro da remoto. Più generosi verso lo smart working i risultati dello studio Pwc sopra citato secondo il quale tuttavia solo il 24% dei dirigenti si aspetta che molti o tutti i dipendenti dell’ufficio lavorino da remoto una quantità significativa del loro tempo. La motivazione di questa scelta andrebbe a risiedere nella paura di perdere parte della cultura aziendale distintiva, oltre che a produttività e spirito di collaborazione tra dipendenti. Di diverso avviso, come anticipavamo, i dipendenti i quali hanno affermato per il 55% di voler lavorare da remoto almeno tre giorni alla settimana, con un il 29% di loro che vorrebbe lavorare da casa cinque giorni su cinque. Qualche dipendete fortunato che verrà accontentato però c’è: ci sono già diverse realtà che hanno aperto ai propri dipendenti la possibilità di effettuare un ‘full smart working’ per sempre.

Lavorare da casa 5 giorni su 5, ecco chi fa Full Smart Workig

I molteplici benefici per aziende e lavoratori, seguiti dal moltiplicarsi di strumenti di facile accesso per collegare le persone a distanza e facilitare lo scambio collaborativo, stanno spingendo le aziende più visionarie a compiere il grande salto verso il Full Smart Working per sempre. In questa grande rivoluzione del modo di concepire il lavoro le realtà digitali, che per loro natura sono già avvezze a muoversi all’interno di spazi virtuali e hanno avuto dunque molta più facilità nel passare ad una modalità di remote working al 100%, sono un passo avanti rispetto alla sperimentazione del lavoro da casa cinque giorni su cinque.

1. Twitter

Una delle prime realtà internazionali a dirigersi verso questa direzione è stata Twitter. Era ancora la prima metà di maggio quando il ceo Jack Dorsey ha comunicato a tutti i suoi dipendenti che avrebbero avuto la possibilità di lavorare da casa per sempre anche dopo la pandemia. Consapevole che questa modalità poteva non essere adatta a tutti, Dorsey ha lasciato loro la scelta, qualora l’avessero preferito, di continuare a recarsi in sede.

2. Facebook

Zuckerberg come Dorsey. Il fondatore di Facebook non ha fatto attendere molto per dire la sua. In un post pubblicato sul suo profilo personale sempre nel mese di maggio ha dichiarato di voler mettere in condizione di lavorare da remoto tra qualche anno almeno metà dei sui dipendenti. “Nei prossimi 5-10 anni – scrive –, penso che potremmo avere il 50 % dei nostri a lavorare da remoto, ma ci arriveremo in maniera misurata”. E Mark Zuckerberg le cose le vuole fare proprio per bene tanto da lanciare a settembre su LinkedIn un annuncio per il ruolo di Remot Work Director: “Facebook sta adottando un approccio ponderato e misurato verso il futuro del lavoro in Facebook, compreso l’impegno verso il lavoro a distanza come una delle nostre strategie a lungo termine. Cerchiamo un direttore del lavoro da remoto che guidi questa strategia”.

3. Slack

Coerente col suo obiettivo di ‘riunire le persone giuste, al momento giusto, nel posto giusto, con gli strumenti giusti’, anche Slack, la società canadese di software nata nel 2009 e da poco più di un mese acquisita da Saleforce sviluppatrice di una delle piattaforme per la condivisione di maggior successo durante la pandemia, a metà del mese di giugno ha comunicato pubblicamente che “la maggior parte dei dipendenti avrà la possibilità di lavorare in remoto su base permanente, se lo desidera”, impegnandosi ad assumere più dipendenti direttamente da remoto.

4. Google

Tra le big tech l’azienda che ancora non ha pronunciato il for ever and ever davanti alla possibilità di full smart working, ma sta comunque rivedendo la propria organizzazione lavorativa c’è Google. Secondo quanto riportato dal New York Times a dicembre il ceo Sundar Pichai avrebbe posticipato al mese di settembre 2021 il rientro in sede di tutto lo staff al momento attivo da remoto al 100% e annunciato un modello organizzativo più flessibile con tre giorni di presenza a settimana. “Se il tuo ruolo ti consentirà di lavorare da casa fino a luglio 2021, ora puoi farlo fino all’inizio di settembre 2021”, ha scritto il Pichai in una e-mail indirizzata ai dipendenti entrata in possesso della testata. “Stiamo testando l’ipotesi che un modello di lavoro flessibile porterà a una maggiore produttività, collaborazione e benessere. Nessuna azienda della nostra scala ha mai creato un modello di forza lavoro completamente ibrido, anche se alcuni stanno iniziando a testarlo, quindi sarà interessante provare”.

5. Subito e Infojobs

In Italia non abbiamo certo realtà aziendali del calibro di Google o Facebook, tuttavia anche alcune società legate al digitale nel nostro paese stanno dando dimostrazione di coraggio e lungimiranza. È notizia di adesso che le società Subito e Infojobs, parte del gruppo internazionale specializzato nella gestione di annunci online Adevinta, hanno effettuato il passaggio allo smart working per tutte le figure aziendali con la possibilità di lavorare da remoto fino al 100% del proprio tempo, stabilizzando la modalità di lavoro agile attuata negli ultimi mesi. Come si legge nella nota aziendale, prima dell’emergenza sanitaria, lo smart working era già attivo per due giorni a settimana, ma la decisione di puntare su un modello ancora più flessibile è maturata grazie all’esperienza positiva di questi ultimi mesi. Oltre alla crescita registrata dalla due piattaforme nel 2020 a motivare questa decisione sono stati gli ottimi risultati ottenuti anche in termini di engagement dei dipendenti (+13% rispetto al 2019) nonché di soddisfazione per l’equilibrio tra vita privata e lavoro che, già alta nel 2019, è ora dell’81%.

6. Fineco

Un’altra realtà, in questo caso tutta squisitamente italiana, da porre sotto i riflettori per il modo in cui finora ha gestito il lavoro da remoto al 100% è Fineco, la banca online che conta oggi circa 1.200 dipendenti distribuiti tra le due sedi di Milano e Reggio Emilia e che ancor prima del Covid-19 attuava lo smart working una volta a settimana. Come raccontato dal responsabile delle risorse umane Marco Longobardi in un’intervista al Corriere della Sera, eccetto per un breve periodo tra settembre e ottobre, quando la pandemia sembrava essersi arrestata, nel quale i dipendenti potevano scegliere un giorno alla settimana in cui rientrare alla loro postazione facendo sempre in modo di non superare mai il 30% della forza lavoro in sede, la banca ha sempre promosso il remote working al 100%. Attenzioni come la possibilità per chi lo richiedesse di ricevere al proprio domicilio, monitor, mouse, tastiera e sedia ergonomica, un sistema di supporto psicologico, il rimborso degli abbonamenti al bike sharing, sono state solo alcune delle accortezze che l’azienda ha avuto nei confronti dei suoi dipendenti. Il futuro di Fineco sarà full smart working? Al momento ancora nulla è stato deciso, ma sicuramente sarà sempre più ibrido.

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