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Competenze, a che punto è l’Italia? Ocse: «Mancano le skill per affrontare il mondo digitale»

Il Bel Paese è nel gruppo con il ritardo digitale più consistente insieme a Cile, Grecia, Lituania, Slovacchia e Turchia. A rischio molti posti di lavoro se non si procederà con programmi di formazione e aggiornamento delle competenze, puntando su sistemi di apprendimento permanente

Pubblicato il 15 Mag 2019

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In Italia non ci sono le competenze di base per sopravvivere nel mondo digitale, sia nella società che sul posto di lavoro. A sottolinearlo il rapporto “Skills Outlook 2019 dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), il report che fa il punto sull’evoluzione delle competenze e valuta in che misura i paesi sono in grado di sfruttare al meglio la digitalizzazione, mettendoli a confronto. Misurata su 3 dimensioni principali – competenze per la digitalizzazione, esposizione digitale e politiche relative alle competenze – l’Italia si trova nella parte bassa delle rilevazioni Ocse, e con Cile, Grecia, Lituania, Slovacchia e Turchia è confinata nel «gruppo con il ritardo digitale più consistente». In questi paesi le persone spesso non sono in grado di apprendere le competenze necessarie per prosperare nel mondo digitale.

I deficit dell’Italia in tema di competenze

Le lacune degli italiani si notano sia nella vita privata che sul lavoro. Basta guardare alla capacità di utilizzare Internet. Se in prima battuta emerge che l’uso è relativamente diffuso – si parla del 71% della popolazione italiana compresa tra 16 e 74 anni, contro una media dell’85% -, l’Italia risulta però essere al quartultimo posto, lasciandosi alle spalle solo Turchia, Messico e Grecia. Se poi si va più in profondità, si scopre che appena il 36% degli italiani è in grado di utilizzare in maniera complessa e diversificata la rete e che si tratta della percentuale più bassa tra tutti i paesi analizzati, la cui media supera il 58%. Come sottolinea l’Ocse «questo dato suggerisce che, anche laddove l’accesso a Internet è universale, ci sono grosse disparità nella misura in cui le persone traggono vantaggio dalla digitalizzazione». Inoltre, «la complessità e il numero delle attività svolte utilizzando strumenti digitali aumenterà», e questo vorrà dire che il gap tra i paesi è destinato ad aumentare se non si corre ai ripari.

Sul lavoro la situazione, come si diceva, non è più rosea: l’intensità con cui i lavoratori italiani utilizzano l’ICT è minore rispetto alla maggior parte dei Paesi Ocse. In un punteggio che va da zero a uno, l’Italia è ferma a 0,2, mentre la media è a 0,5 e l’Olanda (sul gradino più alto del podio) è a 0,7.

Guardando poi al fenomeno dell’automazione, emerge che il 13,8% dei lavoratori italiani ricopre posizioni ad alto rischio di automazione (la media dei paesi Ocse è 10,9%) e per questo avrebbero bisogno di una formazione adeguata per passare a occupazioni più “sicure” o cogliere questo passaggio come un’opportunità, come suggeriscono gli esperti. «In più, i lavoratori più esposti al rischio di automazione e i lavoratori poco qualificati hanno meno probabilità di partecipare ad attività di formazione rispetto ai lavoratori a basso rischio di automazione e ai lavoratori altamente qualificati», sottolinea il rapporto.

Per colmare il gap serve formazione

In partcolare il 4,2% dei lavoratori avrebbe bisogno di una formazione intensa (fino a 3 anni) per evitare l’alto rischio di automazione sul posto di lavoro. In Italia è quindi necessaria una rincorsa e un adeguamento delle competenze: fino ad oggi questo aspetto purtroppo è stato sottovalutato a tal punto che solo il 30% degli adulti ha ricevuto formazione negli ultimi 12 mesi, contro una media Ocse del 42%. La situazione si aggrava se si pensa che in Italia solo il 21% degli individui in età compresa tra i 16 e i 65 anni possiede un buon livello di alfabetizzazione e capacità di calcolo, “literacy and numeracy skills”, (cioè ottiene almeno un punteggio di livello 3 nei test di alfabetizzazione e calcolo Piaac): come evidenzia l’Ocse si tratta del terzo peggior risultato tra i paesi esaminati. E mentre in molti casi gli insegnanti utilizzano le tecnologie con la stessa intensità di altri lavoratori con istruzione terziaria, quelli italiani rimangono indietro: 3 su 4 segnalano di aver bisogno di ulteriore formazione ICT per svolgere la loro professione.

Secondo l’OCSE, i sistemi educativi tradizionali devono evolvere in sistemi di apprendimento permanente. Gli adulti avranno bisogno di migliorare le proprie competenze durante tutto il corso della propria carriera per stare al passo con i cambiamenti nel mercato del lavoro. Questo vuol dire investire nella formazione e nell’adeguamento delle competenze della popolazione.

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