Ricerche e studi

Il lavoro ai tempi dell’automazione: le competenze che “salveranno” il futuro delle donne

Secondo McKinsey, un mix di competenze digitali ed emozionali, contratti flessibili e la diretta partecipazione allo sviluppo tecnologico permetteranno alle donne di non restare penalizzate dall’impatto della Trasformazione Digitale sul mercato del lavoro. Ma serve anche un cambiamento culturale

Pubblicato il 20 Giu 2019

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Competenze digitali, mobilità e flessibilità sono le parole d’ordine che “salveranno” il lavoro nell’era dell’intelligenza artificiale e dell’automazione: tutto questo sarà vero soprattutto per le donne. Il report di McKinsey Global Institute (MGI) “The future of women at work: Transitions in the age of automation”, calcola che 107 milioni di donne perderanno il lavoro di qui al 2030 (20% del totale), mentre fra 40 milioni e 160 milioni (dal 7 al 24% delle occupate totali) dovranno cambiare mansione. Anche gli uomini subiranno impatti analoghi dall’AI e dall’automazione, ma il minore accesso alle competenze digitali rischia di restringere ulteriormente la partecipazione delle donne al mondo del lavoro e di allargare il gap salariale con gli uomini. Lo studio di McKinsey è basato su dieci paesi (Stati Uniti, Cina, India, Giappone, Canada, Uk, Germania, Francia, Sud Africa e Messico), che coprono circa la metà della popolazione e il 60% del Pil mondiale.

Le skill che servono

Oggi le donne rappresentano solo il 35% degli studenti universitari di materie Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics); appena l’1,4% di tutte le donne occupate lavora nello sviluppo, manutenzione o utilizzo di sistemi ICT (dati Ocse). Eppure le competenze che “salveranno” il lavoro delle donne riguardano la padronanza delle tecnologie digitali, insieme a capacità cognitive elevate e skill emozionali e sociali, perché le mansioni fisiche e manuali, e quelle cognitive di base, sono destinate a essere sostituite dall’automazione. Nei paesi emergenti occorre favorire l’accesso delle donne alla formazione universitaria e ai servizi più qualificati o la crescita economica finirà per allargare il divario con gli uomini nella partecipazione al mercato del lavoro. Nei paesi avanzati, invece, le donne laureate sono più numerose degli uomini laureati, ma meno del 20% lavora nei settori tecnologici: esiste uno scollamento tra formazione universitaria e competenze richieste dal mondo del lavoro che rischia di rendere devastante l’impatto dell’automazione sull’occupazione femminile.

Il gap salariale nell’era dell’AI

Senza competenze digitali e incentivi che aiutano le donne a partecipare al mondo del lavoro sarà difficile anche colmare la distanza di genere negli stipendi. Lo scenario di McKinsey al 2030 suggerisce che la disparità salariale può lievemente ridursi nei paesi avanzati solo se le donne riescono a spostarsi verso le professioni che garantiscono una “tenuta” anche nell’era dell’AI. Si tratta in molti casi di professioni qualificate: il 38% delle donne nelle economie mature potrebbe lavorare in questo campo nel 2030 contro il 34% nel 2017. Tuttavia, ancora tra dieci anni, gli uomini saranno prevalenti nei lavori con stipendi migliori: alte cariche dello Stato, dirigenti pubblici, executive nelle aziende private.Questi ruoli di leadership saranno svolti nelle economie mature dal 9% degli uomini, ma solo dal 6% delle donne. Il gap sarà più marcato nelle economie emergenti.

Donne divise tra casa e lavoro

Anche su mobilità e flessibilità lo svantaggio delle donne rischia di peggiorare. Potersi muovere liberamente (tra lavori, sedi o paesi) aiuterà uomini e donne a rispondere alle trasformazioni del mercato del lavoro e a cogliere le opportunità che si formeranno: McKinsey prevede 150 milioni di nuovi posti nel 2030 grazie all’automazione e all’AI. Le donne, tuttavia, godono di minore mobilità perché spesso, oltre a lavorare, si occupano della cura dei figli e degli anziani. In termini di tempo, le donne nel mondo passano complessivamente 1,1 trilioni di ore l’anno in mansioni di assistenza ai familiari contro 400 miliardi di ore l’anno per gli uomini. Il telelavoro è un aiuto ma non la soluzione: è il contesto che deve cambiare sia dal punto di vista culturale che normativo (per esempio con nuove tipologie di contratto di lavoro, congedi parentali uguali per gli uomini, asili nido nelle aziende, ecc.) per consentire alle donne di esprimersi in ogni aspetto della vita professionale e personale.

Un AI più equo grazie alle donne

Nella quarta rivoluzione industriale caratterizzata dall’affermazione dell’Intelligenza Artificiale c’è un altro compito per le donne: partecipare in prima persona alla creazione dell’innovazione. Le donne non devono solo studiare le materie scientifiche e informatiche: devono essere protagoniste dello sviluppo tecnologico, “inventare”. Ciò aumenterà la capacità dei team di ricerca e sviluppo di innovare e, nello specifico caso dell’AI, permetterà di sviluppare software meno esposti alle discriminazioni di genere (gender bias). Le donne devono credere di più in se stesse ma deve farlo anche il mercato: nel 2018, le start-up fondate da team tutti al maschile hanno ricevuto l’85% degli investimenti di venture capital negli Stati Uniti, i team misti il 13%, le start-up di tutte donne solo il 2%.

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