Green Economy

Digital transformation e transizione ecologica, quando l’asset management diventa strategico

I colli di bottiglia delle supply chain globali rischiano di rallentare la marcia delle imprese che vogliono sfruttare la spinta innovatrice del digitale per migliorare la sostenibilità del business. Per affrontare la sfida conviene cambiare approccio alla gestione del ciclo di vita dell’hardware. Parla Luca Nanni, Head of Technology Management & Financing Business di Econocom Italia

Pubblicato il 13 Dic 2021

Immagine di Peach ShutterStock da Shutterstock

Il tema della digitalizzazione dei processi di business oggi si interseca con altre due sfide di portata strategica. Da una parte, quella che riguarda l’adeguamento della struttura aziendale per ridurne l’impronta carbonica. Dall’altra, quella che richiede una risposta tempestiva alle difficoltà che stanno riscontrando – e che continueranno a riscontrare, almeno per la prima parte del 2022 – le catene di approvvigionamento di tutto il mondo, specialmente sul piano dei dispositivi basati su semiconduttori.

Si tratta di una concatenazione di elementi legati da uno stretto rapporto di interdipendenza: la digital transformation è essenziale per dematerializzare i task, agevolare la diffusione del lavoro remoto, sfruttare l’approccio data-driven nella razionalizzazione dei processi e migliorare, in ultima analisi, l’impatto ambientale – oltre che l’efficienza – dell’organizzazione. Ma potrebbe risultare parzialmente inattuabile, o per lo meno rallentata, in assenza degli strumenti che consentono agli utenti finali di partecipare in modo compiuto ai flussi informativi, a prescindere da dove si trovino fisicamente.

Prendere di petto tutte e tre le sfide e individuare soluzioni specifiche per le esigenze dell’impresa, oggi, è possibile. «A patto che si introducano in azienda pratiche evolute di asset management». A parlare è Luca Nanni, Head of Technology Management & Financing Business di Econocom Italia.

Il gruppo, che nasce 48 anni fa offrendo proprio la locazione operativa di asset di seconda mano e che, per questo, può essere considerato CSR native, è una costellazione europea di imprese e competenze specializzate nei vari ambiti dei servizi e delle soluzioni per la trasformazione digitale dei business. In questo contesto, proprio l’offerta dedicata alla gestione del ciclo di vita degli asset rappresenta una risposta concreta a chi sta muovendo i primi passi in questo complesso scenario in quanto, oltre alla comprensione dei processi e delle sfide di business e all’orchestrazione delle tecnologie e dei piani di investimento che abilitano l’innovazione, consente di affrontare con un unico partner anche tematiche quali la sostenibilità, l’usato e le modalità attraverso cui rendere il fine vita conforme con le policy CSR e i paradigmi dell’economia circolare.

L’asset management come pilastro per la transizione digitale ed ecologica

«Per chi come Econocom si occupa di gestione dell’asset lifecycle, le tematiche della sostenibilità sono un terreno conosciuto e battuto da anni. Non si può prescindere dalla valutazione dell’impatto ambientale dell’hardware quando si parla di pezzi di ferro caratterizzati da tassi di obsolescenza sempre più elevati. E per quanto ci riguarda nello specifico, l’attenzione al dopo, insieme alla spinta trasformatrice della gestione degli asset, è un tema fondante da sempre».

Ora che gradualmente sta cambiando anche la sensibilità del mercato, Econocom registra un nuovo atteggiamento rispetto alla scelta delle forniture da parte delle imprese, che puntano a gestire nel modo migliore il ciclo di vita dei prodotti fin dalle prime battute. «Soprattutto le aziende di taglio enterprise hanno introdotto all’interno dei propri parametri di acquisto una serie di metriche correlate alla sustainability, e le richieste nei confronti del nostro servizio spesso vertono sull’inclusione nel contratto di clausole che vanno in quella direzione», rimarca Nanni, che sottolinea come invece gli ultimi anelli della filiera si stiano evolvendo in funzione dell’aggravarsi del cosiddetto chip shortage, con casi sempre più frequenti di rivalutazione e riutilizzo degli asset. «Se nella fase acuta del periodo pandemico a fronte di minori richieste del mercato c’è stato un impoverimento della produzione di nuovi beni informatici, adesso assistiamo all’interruzione di alcune supply chain nel settore dei semiconduttori. La somma dei due fenomeni oggi si scontra con una domanda globale di hardware sempre più elevata. Di conseguenza, chi ha a disposizione asset utili per la creazione di digital workplace gode di una inaspettata opportunità di business se riesce a gestire correttamente gli stock di prodotti usati per indirizzare le esigenze emergenti degli operatori economici».

I benefici sul fronte economico (e non solo)

Naturalmente, non tutto l’usato è idoneo a sostenere questo ruolo: in un settore in cui i progressi tecnologici fanno passi da gigante nel giro di pochi mesi è indispensabile saper discernere cosa, una volta ricondizionato e aggiornato, può ancora generare valore e cosa invece va smantellato. L’evoluzione dei sistemi di analisi degli asset costituisce in questo senso un elemento fondamentale per eseguire processi sempre più accurati di audit e di assessment sulle apparecchiature che entrano in stock nei contratti di locazione, diventando parte essenziale della circular economy. «Non è solo questione di opporsi alla logica usa-e-getta, per anni dominante in questo settore: si parla a tutti gli effetti di recupero della profittabilità attraverso la capacità di valutare in maniera stratificata il grado di idoneità dei prodotti refurbished ad affrontare un nuovo ciclo di vita», spiega Nanni.

I benefici di un approccio più green all’asset management non si fanno sentire solo sul piano del conto economico. Riuscire ad attrarre giovani talenti significa oggi sapersi distinguere sul mercato anche rispetto all’adozione di criteri di sostenibilità, all’impegno nel condividerli attraverso una comunicazione mirata e soprattutto all’abilità nell’applicarli pragmaticamente nel quotidiano. «Deve esserci coerenza tra cosa si professa e cosa si offre», rilancia Nanni. «Per fortuna osservo un’accelerazione incredibile in questo senso. Dalla creazione di flotte a basso impatto alla differenziazione dei rifiuti in azienda, passando per l’appunto dal riutilizzo della microinformatica a disposizione dei dipendenti, con il prolungamento dei tempi di garanzia e di assegnazione dei device personali, il trend generale è molto positivo, e sempre più organizzazioni stanno tastando il polso del mercato per rendersi effettivamente conto di quanto ormai sia importante questo tipo di approccio per dialogare soprattutto con le nuove generazioni. D’altra parte, posso dire che nelle realtà con cui lavora Econocom crescono investimenti interni che fino a qualche anno fa non sarebbero stati presi in considerazione. Grazie anche all’introduzione del cloud e dell’edge computing, l’IT è sempre più agile, l’efficientamento energetico continua a migliorare e si riducono gli spazi inessenziali man mano che si affermano i programmi di smart working basati sulle Virtual Desktop Infrastructure, che nel new normal saranno una modalità definitiva di lavoro in moltissime aziende».

Le prospettive per il futuro: il ruolo dell’asset management evoluto

In questa situazione, però, la problematica dell’approvvigionamento di prodotti di microinformatica, come detto, è sempre più sentita. «Sulla base di quello che ci comunicano i partner, continua a esserci un ritardo di circa sei mesi dal momento in cui si inoltra un ordine a quando viene effettuata la consegna. E questo impatta la spinta innovatrice anche delle aziende leader, ad eccezione forse di quelle cinesi, contraddistinte da una autoefficacia diversa sotto questo punto di vista. Non credo che le criticità della supply chain possano protrarsi nel medio-lungo termine, ma per ancora tutto il prossimo anno temo che molte imprese continueranno a sperimentare una certa sofferenza nell’approvvigionamento di hardware. Lo vediamo, del resto, anche molto da vicino: i clienti ci richiedono prodotti nuovi che molto spesso non riusciamo a contrattualizzare perché i fornitori non sono in grado di consegnarli».

Nanni rimarca che c’è chi riflette sull’eventualità di tornare a modalità diverse di approvvigionamento, e di mantenere gli asset di proprietà fino a quando possono svolgere il proprio lavoro senza rallentare le performance, ma a questo punto si pone il problema della gestione degli aspetti manutentivi, che possono comportare costi non previsti. «Ecco perché in uno scenario in continuo divenire», chiosa Luca Nanni, «la possibilità di fare leva su chi come Econocom offre servizi di asset management evoluti, che vanno dalla consulenza e valutazione tecnologica ed economica, alla configurazione di soluzioni su misura in base ai vincoli di budget, alla gestione amministrativa e quotidiana del parco fino alla gestione del fine vita, con il ritiro e la gestione dei prodotti resi, la cancellazione certificata dei dati e il ricondizionamento o smaltimento delle tecnologie, costituisce – soprattutto per i business che stanno affrontando la digital transformation, cercando di migliorare anche la propria sostenibilità ambientale – una valida risposta alle sfide che comporta questa doppia transizione».

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