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Il manuale del Cloud: 20 termini per capire tutto della “nuvola”

Da “service level agreement” a “infrastructure as a service”, da “Public Cloud” a Hypervisor, una rassegna delle espressioni più usate sui media, sulle comunicazioni di settore e nei contratti di Cloud Computing spiegate in modo semplice e immediato

Pubblicato il 01 Dic 2015

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Di Cloud Computing si parla da anni ormai, e il mercato della domanda e dell’offerta di queste soluzioni ha ormai raggiunto dimensioni davvero considerevoli anche in Italia.

Tuttavia le tecnologie, le infrastrutture e le soluzioni Cloud, nonché le metodologie per governare tutto questo in azienda, sono a volte molto elaborate e complesse, e possono generare facilmente confusione. Per questo Verizon ha messo a punto un glossario di 20 parole e acronimi chiave per cercare di semplificare la complessità che c’è dietro la terminologia legata al Cloud, sperando di chiarire i dubbi sul tema.

Application Performance Management (APM). L’insieme di soluzioni e procedure di monitoraggio della disponibilità di applicazioni software per determinare la velocità con la quale queste forniscono informazioni o completano transazioni verso l’utente finale, all’interno di una rete specifica o di un’infrastruttura web-based.

Application Program Interface (API). Verizon definisce le API come connessioni programmatiche tra un’applicazione e la piattaforma Cloud. Consentono all’applicazione di apportare modifiche all’infrastruttura Cloud quasi in tempo reale, senza più la necessità per l’utente di modificare le configurazioni manualmente mediante una console Cloud.

BYOL. Acronimo di Bring-Your-Own-License: è il meccanismo per cui un’azienda cliente mantiene la propria licenza in essere con uno specifico software vendor pur spostando l’applicazione nel Cloud.

Cloud Application Management for Platforms (CAMP). Si tratta di un insieme di specifiche per la gestione semplificata delle applicazioni, compreso packaging e deployment attraverso piattaforme di Cloud Computing pubbliche e private.

Cloud ibrido. Utilizzo congiunto della tradizionale infrastruttura IT on-premise e di servizi Cloud pubblici e/o privati. Alcune applicazioni e dati rimangono all’interno dell’azienda (nel data center proprietario, protetto da firewall), mentre altri sono archiviati nel data centre del Cloud provider (in un’infrastruttura Cloud pubblica o privata). Inoltre, il termine Cloud ibrido può essere utilizzato quando si parla di ambienti IT che incorporano più piattaforme Cloud di diversi fornitori.

Cloud privato. Il provider fornisce tutto l’hardware e il software che, protetto da un firewall, è localizzato nel data centre del provider o in quello dell’azienda. Il provider offre networking dedicato e virtual machine all’azienda utilizzando principalmente reti private IP. Questo modello ha inizialmente un costo più alto, in quanto, a differenza di un modello pubblico, le risorse non sono condivise. RIspetto al Public Cloud assicura maggiore sicurezza, affidabilità e flessibilità.

Cloud pubblico. Tutto l’hardware e il software si trovano presso il data centre del provider, dove sono memorizzati i dati aziendali. Gli utenti accedono ai dati via Internet, mentre per l’azienda non c’è più la necessità di acquistare e mantenere un’infrastruttura on-premise hardware e software. I provider possono offrire scalabilità e accessibilità in genere più veloce grazie alla loro infrastruttura e competenza. Tuttavia nella modalità più diffusa di Public Cloud (multitenancy), le stesse risorse hardware e software sono condivise con più organizzazioni. Questo può sollevare preoccupazioni per le operazioni aziendali sensibili in termini di sicurezza dei dati, affidabilità e flessibilità operativa.

Colocation. I server e i dispositivi fisici di un’azienda sono ospitati all’interno dei data center del Cloud provider. In questo modo, si sfrutta l’infrastruttura, l’esperienza, la sicurezza e molti altri vantaggi che si possono ottenere collocando le attrezzature all’interno di un data centre professionale.

Content Delivery Network (CDN). Una serie di dispositivi geograficamente distribuiti che ha in cache lo stesso contenuto destinato ai browser web. Una volta ricevuta la domanda di un contenuto, viene identificato in modo dinamico il server in grado di fornire quanto richiesto più rapidamente ed efficacemente. Questo aiuta a migliorare l’esperienza dell’utente finale e riduce potenzialmente l’infrastruttura di rete necessaria per avere una presenza sul web nazionale o globale. Inoltre, diminuisce la necessità di investimenti.

Data Center. Il luogo fisico in cui risiedono i diversi dispositivi nei quali vengono memorizzati, gestiti e distribuiti i dati e da cui il Cloud provider eroga i servizi Cloud verso i clienti.

Hosting Dedicato. Situazione in cui le apparecchiature del provider sono noleggiate da un’impresa per un unico scopo, come ad esempio l’hosting di un sito web. Gli apparati possono essere situati on- o off-premise e l’azienda gestisce la manutenzione giornaliera dei sistemi hardware, software e sistemi operativi.

Hypervisor. Una piattaforma (software, firmware e hardware) che gestisce più virtual machine (VM) ed assegna a ciascuna di loro le risorse hardware di uno o più server host. Le risorse, come il processore e la memoria, sono distribuite dai server host tra le diverse virtual machine (chiamate anche guest machine) in un modo tale da evitare che i loro sistemi operativi possano interferire tra loro.

Infrastructure-as-a-Service (IaaS). Una delle tre grandi categorie di servizi di Cloud computing (IaaS, PaaS, SaaS). Mette insieme hardware e software per sostituire o potenziare i servizi di un data center in casa. I più tipici servizi IaaS sono di elaborazione e archiviazione.

Managed Hosting. Una tipologia di hosting dedicato in cui l’apparato si trova presso centri fisici del provider, che ne gestisce l’infrastruttura (hardware, software e sistemi operativi). Le imprese noleggiano le attrezzature e hanno, generalmente, accesso amministrativo, anche se raramente utilizzato. Accedono, invece, di solito all’ambiente di hosting attraverso un’interfaccia web-based, che offre strumenti on-line per gestire siti web e applicazioni. I provider possono scegliere di offrire all’interno di un contratto una serie di servizi aggiuntivi, come ad esempio la mitigation di attacchi DDoS.

PAYG/Pay-As-You-Go. Rappresenta la possibilità per le aziende di pagare soltanto per i servizi Cloud utilizzati, in relazione al tempo di impiego (minuti, ore o giorni).

Platform-as-a-Service (PaaS). L’uso di infrastrutture gestite da un fornitore per lo sviluppo e l’integrazione di soluzioni software. I provider continuano a gestire i server, il load balancing, i sistemi operativi e la capacità di calcolo. Le imprese accedono alla piattaforma tramite portali web, API o software specifici del gateway.

SLA (Service Level Agreement). Documento in cui fornitore e azienda concordano i livelli di servizio delle soluzioni di Cloud computing. Questo accordo è, in genere, parte del contratto con il cliente e deve essere il più esauriente possibile e includere i livelli di servizio delle infrastrutture di sistema, come tempi di risposta, installazione, disponibilità e altro ancora.

Software-as-a-Service (SaaS). Modello di business che consente ai vendor di offrire il software come servizio, invece che come acquisto una-tantum. Le imprese pagano un canone ricorrente (mensile o annuale) e ricevono tutti gli aggiornament e patch dell’applicazione, usando quindi sempre la versione più aggiornata. I due esempi forse più significativi di SaaS sono il CRM di Salesforce.com per motivi storici (è il primo SaaS che ha avuto universale diffusione in ambito business) e Microsoft Office 365 e Adobe Creative Cloud per l’attuale diffusione.

Virtualized Disaster Recovery. Questo approccio sfrutta il networking, l’elaborazione e le risorse di storage di un provider, sotto forma di Virtual Private Cloud, per replicare applicazioni e dati. Serve come back-up completo di dati critici, sistemi operativi, database e applicazioni dell’impresa.

Virtualizzazione. Per ciò che riguarda il Cloud computing, con il termine virtualizzazione ci si riferisce generalmente ai server virtuali. Un server fisico ospita le risorse di storage e di calcolo che supportano diversi server virtuali. Le capacità di storage e computing da un singolo server fisico sono distribuite tra i server virtuali come se fossero indipendenti gli uni dagli altri.

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