Agr open innovation

Syngenta: l’open innovation che rivoluziona l’agribusiness

L’open innovation è un nuovo modo di indirizzare le sfide dell’innovazione attraverso la condivisione di dubbi, perplessità e fallimenti online, cercando di coinvolgere la comunità degli sviluppatori che operano sulle stesse tematiche, per sviluppare una soluzione efficace ed efficiente al problema da risolvere. Un’idea, quella del crowdsourcing applicata al mondo dell’agricoltura di nuova generazione, che il colosso del settore Syngenta ha già tradotto in pratica da una decina d’anni. Ecco come fa in concreto

Pubblicato il 29 Nov 2016

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Si chiama “agr open innovation” ed è un nuovo sistema per avere ampio accesso al know-how e all’expertise in ambito agribusiness e agtech, accelerando l’innovazione del comparto. Il colosso Syngenta lo sta sperimentando da un decennio «ma può essere davvero faticoso se fatto bene», commenta Joseph Byrum, Senior R&D e Strategic Marketing Executive dello sviluppo prodotti, innovazione, delivery e life science di Syngenta. È stato, infatti, circa dieci anni fa che il colosso dell’agribusiness si è convertito all’innovazione open, per cercare di migliorare le proprie competenze di ricerca e sviluppo interne sulla soya.

L’open innovation è un nuovo modo di indirizzare le sfide dell’innovazione attraverso la condivisione di dubbi, perplessità e fallimenti online, cercando di coinvolgere la comunità degli sviluppatori che operano sulle stesse tematiche per sviluppare una soluzione efficace ed efficiente al problema da risolvere, nell’ambito di quel processo che viene definito “crowdsourcing”. Parallelamente alla svolta dell’innovazione “aperta” sono stati sviluppati anche diversi strumenti software utili per migliorare i processi decisionali degli agricoltori. Gli operatori dell’agricoltura di solito si affidano unicamente al proprio istinto per prendere decisioni su come impostare una prova “sul campo” e determinare quale varietà vegetale ha le migliori possibilità di diventare un prodotto commerciale di successo. «Noi abbiamo voluto sostituire quell’istinto con dati concreti e statistiche, ma in questo modo si è reso necessario scavare in profondità in processi di analisi matematica che non erano mai stati utilizzati in precedenza in agricoltura», ha spiegato Byrum. «I team R&D hanno cercato di colmare le lacune dei nostri scienziati e ingegneri sfruttando le piattaforme di innovazione aperta e collaborativa, offrendo in cambio dei premi in denaro ai più meritevoli», ha proseguito.

Alcuni anni fa è stato varato anche un programma specifico, battezzato Syngenta Thoughtseeders, che ha permesso a creativi, istituti di ricerca ed esponenti del mondo accademico di sottoporre nuove idee per migliorare le tecnologie utili a superare il problema della sicurezza e della tracciabilità lungo tutta la filiera agroalimentare. Il portale Thoughtseeders è una piattaforma trasparente per favorire l’interazione più ampia sulle idee e i processi di generazione delle innovazioni. Le proposte caricate sul portale sono valutate da esperti interni all’azienda e sono tutte, in ogni caso, attentamente esaminate perché, come ha concluso il manager, «il potenziale dell’open innovation per reinventare il nostro settore è limitato solo dalla pazienza dei manager delle aziende che vi operano nel guidare i processi verso la direzione giusta».

La rivoluzione data driven che investe l’agrifood

Le nuove tecnologie stanno rivoluzionando il settore dell’agricoltura come mai successo sin dall’era della meccanizzazione su larga scala. Un fermento

che ha richiamato verso questo settore una pletora di startup, che hanno iniziato a operare nel promettente segmento dell’agriculture technology (agtech). Anche i venture capitalist si sono accorti delle potenzialità di questo mercato e nel corso nell’ultimo quinquennio hanno incrementato i propri investimenti nelle agtech a un tasso annuo dell’80%, con un consuntivo 2015 che si aggira intorno ai 3 miliardi di dollari, nonostante gli introiti netti delle aziende agricole siano scesi al 65% circa rispetto al picco registrato nel 2013. L’attività di startup e venture capitalist nell’agtech coincide con gli avanzamenti evidenti in un’ampia rosa di tecnologie non prettamente agricole, come la connettività ubiqua e pervasiva, la data collection and processing e la robotica. L’utilizzo di queste tecnologie è divenuto sempre più interessante dal punto di vista economico e ne ha determinato una diffusione su larga scala negli Stati Uniti in prima battuta e ora anche in Europa e nel resto del globo. Lo studio “Lessons from the frontlines of agtech revolution”, pubblicato qualche settimana fa da The Boston Consulting Group ha rilevato che nel 2015 gli investimenti combinati nell’agtech e nell’agribusiness ha raggiunto i 25 miliardi di dollari. Il 75% delle aziende interpellate (una cinquantina di colossi globali dell’agribusiness) ha citato le tecnologie di agricoltura “data enabled” come la priorità d’investimento per i prossimi 12 mesi.

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